Perché LiBerté è il suo manifesto?
«C'è la mia essenza. Il mio vissuto. E la camicia di forza che indosso in copertina, creata da me, me la misero davvero».
Quando?
«Anni fa. Ho spaccato la portineria con una mazza, sono arrivati in quindici e mi hanno portato in manicomio. Mi sono trovata meglio lì che a casa, tanto che non volevo più uscire».
E la libertà?
«È trasgredire e non camuffarsi. Insomma essere normali»
Si è mai pentita di qualcosa?
«Sì. Riguarda Mimí (la sorella Mia Martini, ndr). Ma è una cosa molto personale».
Questo è un disco di ritorni. C'è pure Fossati.
«Gli ho mandato una lettera e mi ha risposto con una canzone. Dopo trent'anni è strepitoso».
E l'omaggio ai Ramones?
«Il reggae e il punk sono nel mio cromosoma. I Ramones mi sono sempre piaciuti».
Li ha mai incontrati?
«A New York, mentre suonavano in un bar. Erano gli anni in cui io cucinavo per Andy Warhol e lui mi disegnava le copertine, quelli in cui andavo a scuola con Pelé, gli anni di John Belushi e di Woody Allen con il suo clarinetto».
Torniamo al disco: canta la donna prima di tutto.
«Sono contro il femminicidio e contro ogni tipo di violenza».
È difficile essere donna?
«Molto. Non mi pare ci siano stati grandi passi avanti. Le quote rosa, se ci sono, non sono nei poteri forti».
Crede ancora di non essere una signora?
«Sono una donna punk, una di strada che ne ha vissute tante, ma che non smette di rivendicare il diritto alla libertà e alla diversità. Potrei stare sui murales di Basquiat».
Quindi cosa pensa del caso Asia Argento?
«Non mi espongo, per me è come una figlia. Credo ci sia troppa cattiveria e voglia di far male».
Per fortuna che ci sono i bambini?
«I bambini mi hanno fatto impazzire.
Li ho voluti nel disco (intro e outro, ndr), per gridare con la loro innocenza alla libertà e contro il razzismo».
Ultimo aggiornamento: Giovedì 27 Settembre 2018, 12:26
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