«Vietato mangiare il panino portato da casa»: scoppia il caos in spiaggia nel Salento

«Vietato mangiare il panino portato da casa»: scoppia il caos in spiaggia

di Maurizio Tarantino
Vietato portarsi i panini da casa sotto l'ombrellone. E piatti in spiaggia pagati a peso d'oro. L'appeal del Salento inclusivo e a buon mercato rischia di vacillare sotto i numerosi casi denunciati - sempre più spesso via social ma anche segnalati a forze dell'ordine e vigili urbani - dai vacanzieri colti di sorpresa (anzi, sconcertati) dalle politiche dei lidi.

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Lo stop a consumare pasti e bibite non comprati al bar dello stabilimento - il più delle volte il classico panino preparato per combattere i morsi della fame - si somma ad un menu che non è proprio alla portata delle tasche di tutti. Tanto che molto spesso le sorprese arrivano con il conto da pagare che anche per una semplice frisa comporta somme da ristorante di alta fascia. Una situazione che danneggia l'immagine del turismo salentino con ripercussioni, sull'economia locale che potrebbero essere anche molto serie: a più riprese infatti, le vittime di questi casi, minacciano di andare in posti più convenienti, a partire dalle mete transfrontaliere. Il pienone di agosto, insomma, che porta anche le polemiche.

Era accaduto già a fine luglio nella zona di Leuca, è accaduto una settimana sull'Adriatico dalle parti di Otranto. L'ultimo caso è dello scorso fine settimana in un lido di Torre Lapillo, a nord di Porto Cesareo. Protagonista una famiglia invitata dai gestori a non mangiare in spiaggia cibo preparato fuori dallo stabilimento. E, dopo avere ordinato due friselle, la beffa - almeno secondo il cliente dello stabilimento - con un conto in doppia cifra oltre le 30 euro. Giustificato, invece, secondo il lido in questione per la particolarità del piatto. In ogni caso, l'ultimo di una catena di episodi. Divieti fai-da-te e prezzi alle stelle che viaggiano spesso di pari passo.
Secondo i balneari però, la situazione va vista all'interno di un contesto specifico, facendo attenzione ai dettagli. Questo dice Giuseppe Mancarella, responsabile provinciale di Cna Balneatori: «Abbiamo sprecato tempo e denaro per portare il turismo ad alto livello e adesso una polemica estiva può far crollare tutto. In qualsiasi parte d'Italia se si entra in un locale si guardano i prezzi: ogni partita Iva è libera di vendere come vuole, l'importante è che ci sia un listino chiaro e che si paghino le tasse. Non si può condannare nessuno per questo».
Diverso il discorso sul divieto di mangiare cibo proprio in spiaggia. «Non c'è nessuna proibizione in proposito, ma occorre sempre comportarsi in maniera educata e corretta. Un conto è il panino, un altro la teglia con il pranzo preparato a casa. Ci sono questioni di immagine e problemi igienico-sanitari. Qualsiasi cosa cade sulla sabbia potrebbe portare parassiti. Non vedo problemi con il panino, la frutta, una bottiglietta d'acqua».
Il presidente di Federbalneari, Mauro Della Valle taglia corto: «Ogni estate c'è la questione della frisella o della fetta di anguria pagate troppo. Credo sempre che ci sia un punto di equilibrio: al lido in questione anche gli ombrelloni hanno un loro prezzo sopra la media. Forse non ci sono stati i toni giusti per segnalare il divieto di consumare il panino sotto l'ombrellone. Per noi vale quello che dice l'ordinanza regionale e la legge sulla plastic free approvata di recente. In spiaggia purtroppo non si possono introdurre cibi nelle plastiche o in contenitori in vetro. Si possono portare i panini, ma occorre buon senso anche degli utenti. Nessuno dovrebbe essere fiscale da impedire di consumare un panino, ma l'utente dovrebbe comprendere che dietro un lido c'è un'azienda. Nel mio lido, il Soleluna a San Cataldo, non consentiamo ai clienti di non avere un lettino. È una questione pratica per evitare caos e affollamento. I clienti lo sanno e si regolano di conseguenza».
Alfredo Prete, presidente del Sib e titolare del lido York a San Cataldo, mette le mani avanti: «Se entro in un ristorante e vedo che c'è un piatto che non posso permettermi perché lo giudico esoso, non lo prendo. La frisa in questione aveva una tartare di gamberi ed è stata consegnata sotto l'ombrellone. La frisa è diventata come la Pasqua o il Natale: ormai è un'abitudine estiva per fare polemica». Prete ribadisce che non ci si può lamentare se si conoscono i prezzi a priori: «L'imprenditore si può condannare solo nel momento in cui non è trasparente. Nel Salento c'è un'offerta turistica variegata e i servizi si pagano in base a tante variabili. Se vado nel lido di De Picciotto pago 100 euro un ombrellone e due lettini e non credo sia uno scandalo. Ci sono tantissimi imprenditori seri che dedicano la vita a queste aziende e nelle spiagge attrezzate si può capire qualche limitazione, in particolare per il cibo da consumare sotto gli ombrelloni. Insomma si può sempre scegliere dove andare».
Ultimo aggiornamento: Domenica 12 Luglio 2020, 22:32
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