Mihajlovic, la moglie Arianna: «Dopo la morte l'ho sentito stendersi sul letto e camminare in casa, ero sotto choc»

Il loro amore è stato impreziosito dal matrimonio e dalla nascita di ben 5 figli

Mihajlovic, la moglie Arianna: «Dopo la morte l'ho sentito stendersi sul letto e camminare in casa, ero sotto choc»

di Cristina Siciliano

Non c'è mai un modo giusto per parlare di un marito e di un padre che se ne è andato troppo presto. Lo sa bene Arianna Rapaccioni, la vedova di Siniša Mihajlović, mancato troppo presto, a soli 53 anni, il 16 dicembre scorso, esattamente un anno fa. Sono stati insieme 27 anni ed hanno avuto cinque figli. Gli è stata accanto quando era un giovane calciatore della Samp, quando vinceva lo scudetto, le coppe, le super coppe, e quando, fino alla fine, non rinunciava a scendere in campo per allenare i suoi ragazzi del Bologna. «Solo in quest’ultimo mese sto prendendo coscienza del fatto che mio marito non c’è più - ha siegato Arianna Rapaccioni al Corriere -. I primi mesi, non capivo più nulla, stavo a Roma, dove mi ero stabilita quando i figli hanno iniziato le superiori, e avevo come la sensazione che Siniša fosse ancora vivo e stesse a Bologna ad allenare la squadra».

 

Le parole di Arianna Rapaccioni


«È stato tutto così strano - ha spiegato Arianna Rapaccioni in un'intervista al Corriere della Sera -. Sentivo la sua presenza fisica in casa e quasi non sentivo la sua mancanza. Pensi che, nel momento in cui è mancato, ero talmente sotto shock che sorridevo a tutti. Forse, perché perdere mio marito è stato il mio primo lutto. Dopo, per mesi, ho avuto sensazioni da chiedermi se ero pazza. Ho sentito delle mani sulle mie mani, proprio delle mani che avvolgevano le mie. E, una notte, l’ho sentito stendersi accanto a me nel letto, ho avvertito il materasso che sprofondava da una parte. Poi, ho cominciato a parlare con altre persone che hanno subito un lutto e ho scoperto che non ero io pazza, ma che queste esperienze appartengono a molti. Io sentivo il rumore delle sue ciabatte in cucina. Lui, in casa, portava sempre ciabatte che scricchiolano tanto. È successo nei primi mesi, ora non più. Ma forse erano suggestioni dettate dal pensiero costante che ho di lui».

La leucemia


«Mio marito aveva la leucemia ma non pensavo potesse morire - ha continuato Arianna Rapaccioni -. Poi, certo, non sono stupida e la sua era una malattia importante, ma anche lui negava l’evidenza.

Se qualcuno gli chiedeva cos’aveva, diceva: amo’ che malattia ho? Mi chiamava così: amore. E io: hai la leucemia mieloide acuta. Siniša non leggeva i referti, non guardava su Internet, voleva solo sapere quali cure fare. Ha sperato fino all’ultimo di guarire. Ha lottato come un leone, ha fatto cure allucinanti, due trapianti, una cura sperimentale tostissima… Gli sono stata accanto negli ospedali per quattro anni. Credo che il mio stato shock dipenda anche dalla sofferenza vissuta insieme. Ricordo ancora i suoi occhi terrorizzati quando ci hanno detto che aveva una recidiva. Ricordo gli esami che andavano male. Ricordo il rito, tutte le mattine – per un periodo – di fare le analisi e aspettare i referti e, ogni volta, i globuli bianchi che risultavano anomali».

Il 16 dicembre, il giorno  in cui è mancato 


«Qualche giorno prima, si è svegliato con un principio di emorragia - ha sottolineato Arianna Rapaccioni -. Gli ho prestato le prime cure come mi era stato insegnato, ho chiamato l’ambulanza, ma lui non voleva salirci, voleva andare in ospedale con le sue gambe. Per giorni, io e i figli gli siamo rimasti accanto a turno e la cosa struggente è che l’ultima notte, invece, eravamo tutti lì. I figli erano nella stanza accanto, c’ero io, sua madre, suo fratello con la moglie, il suo miglior amico, mia madre. Quando mi sono resa conto che il suo respiro è cambiato e che mancava poco, ho chiamato i ragazzi. Eravamo tutti in silenzio attorno a lui. Gli ho tenuto la mano, l’ho visto lottare col respiro sempre più pesante. Mi è venuto da dirgli: vai, non ti preoccupare, ai ragazzi ci penso io. Solo a quel punto è spirato». 

«Mi sto facendo aiutare»


«Oggi mi sto facendo aiutare - ha spiegato Arianna Rapaccioni -. L’analista mi ha detto: hai due possibilità, vivere o morire, cosa scegli? Ho risposto: vivere. Anche perché, come non ho voluto mostrare la mia sofferenza a mio marito, allo stesso modo non mi piace farla vedere ai miei figli. A partire da quest’estate, ho ripreso a uscire e non m’importa se qualcuno, vedendomi sui social, mi giudica. Ognuno ha il suo modo di elaborare il lutto e se mi vedono sorridere in una foto non significa che non soffro».


Ultimo aggiornamento: Domenica 17 Dicembre 2023, 22:37

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