Gabriele Corsi e la fine della quarantena: «Ricordiamoci che la libertà è un dono»

Gabriele Corsi e la fine della quarantena: «Ricordiamoci che la libertà è un dono»
Gabriele Corsi
Caro Nipote che non sei ancora nato (e che non so ancora se e quando nascerai), lascia che ti racconti di quel periodo in cui tutti, quasi tutti, siamo rimasti in casa per più di due mesi.
All'inizio la voglia di sconfiggere questa malattia invisibile e bastarda, che si è portata via tantissimi dei nostri nonni, ci è sembrata qualcosa di epico. L'abbiamo chiamata, spesso, una guerra. E questo ci metteva quasi in pari con i nostri di nonni che, una guerra, una guerra vera, l'avevano combattuta. C'era una specie di euforia... si usciva sui balconi a cantare, pensavamo «ne usciremo migliori». Alla fine, la cosa che si rilevò più giusta, fu una frase che proprio mio nonno mi aveva detto: «La guerra è un setaccio, divide un uomo vero dal pagliaccio». Ed è quello che accadde. Le persone perbene si davano da fare. Le altre no. In tanti, quasi tutti, dicevano: «Andrà tutto bene». In pochi pensavano: «Andrà tutto bene se staremo tutti bene».
Dormivamo poco e male. Sognavamo cose orribili e strane. E la mattina ci svegliavamo, almeno io, sempre con lo stesso pensiero: «Ero libero e non lo sapevo».
Ricorda quello che ti dice nonno. Ricorda, ogni secondo della tua vita, che sei libero. Non aspettare, come avvenne per noi, di capirlo quando quella libertà ci fu tolta. Accadde per poco, la lezione durò per sempre.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 8 Maggio 2020, 07:55
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