Romulus, il mito di Roma nel kolossal Sky original. Rovere: «La sfida del cinema italiano»

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di Michela Greco

«È stato un progetto complesso, faticoso, lungo, con cui lanciamo una grande sfida al contesto produttivo italiano: tante produzioni internazionali vengono a girare da noi avvalendosi dell’eccellenza delle nostre maestranze, noi dobbiamo avere la capacità e la voglia di fare il percorso opposto». Ha sempre pensato in grande Matteo Rovere. Romano, ancora under 40, ha prodotto molti film – tra cui la trilogia di Smetto quando voglio – e ne ha scritti e diretti quattro. Tra questi Veloce come il vento e Il primo re: due imprese epiche se si pensa che il primo è un dramma carico di adrenalina ambientato tra i circuiti automobilistici e il secondo un kolossal sulla fondazione di Roma parlato in latino arcaico. 


Dopo aver immerso Borghi e Lapice, i suoi Remo e Romolo, tra il fango e la brutalità di una natura primordiale, Rovere rilancia con Romulus, la serie Sky Original prodotta da Sky, Cattleya e Groenlandia, da domani, 6 novembre 2020,  in 10 episodi su Sky e in streaming su Now Tv per ampliare la narrazione (sempre in protolatino) delle origini, violente e mistiche, della Città Eterna. «Ho una fascinazione per le storie epiche – ammette il regista e showrunner di Romulus – E se dicono che siamo Il trono di spade italiano rispondo grazie, anche se noi usiamo codici europei, più realistici. Abbiamo cercato di esplorare l’origine del mito fondativo di Roma portando lo spettatore dentro un grande spettacolo. Questa è una serie sul potere e i suoi personaggi sono molto vicini a noi e al conflitto che viviamo nella contemporaneità». 


Per gli uomini primitivi di Romulus, al di sopra di ogni re c’è il potere della natura, venerata e temuta, benedetta e distruttrice. «Trovo interessante che nella serie la crisi del potere sia scatenata da una crisi ambientale – riflette il co-regista, con Michele Alhaique, Enrico Maria Artale – Infatti è una siccità, che all’epoca veniva letta come un segnale divino, a creare un’impasse.

Oggi, per ragioni diverse, ci confrontiamo con scenari analoghi». Ovvero con una natura che manda segnali non più trascurabili, indifferente a ogni potere umano. 


Alla base di tutto, nel racconto, ci sono però i sentimenti: la fratellanza, la paura, il coraggio che muovono i personaggi principali. Yemos (Andrea Arcangeli), Ilia (Marianna Fontana) e Wiros (Francesco Di Napoli), principe, schiavo e vestale devono costruire il loro destino nel Lazio dell’VIII secolo a.C. «Picchiare ed essere picchiati è il gioco primordiale che si fa da piccoli, è stato divertente farlo in scena, vestito da uomo delle caverne brandendo una spada», dice Arcangeli. «La preparazione fisica è stata tosta – aggiunge Fontana – ma mi sono talmente appassionata da pensare di fare la stunt. Ed è stato bello trovare una chiave personale, un mio ritmo musicale, per recitare in protolatino».
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 5 Novembre 2020, 08:42
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