Mottarone, il giallo dell'operatore al lavoro quella domenica: poteva togliere i ceppi?

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Strage della funivia Stresa-Mottarone. Sotto la lente di inquirenti e investigatori, nell'inchiesta della Procura di Verbania sull'incidente della funivia del Mottarone, ci sono il ruolo e le presunte responsabilità dell'operatore che quella mattina del 23 maggio, giorno della tragedia, non rimosse i forchettoni dai freni di emergenza su «ordine», come chiarito da lui stesso a verbale, di Gabriele Tadini, caposervizio. Le analisi sulle eventuali responsabilità si concentrano su quella mattina, sulla decisione di tenere i ceppi e sulla consapevolezza del dipendente che non li tolse.

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LE INDAGINI

Un dipendente-testimone, infatti, ha messo a verbale il nome dell'operatore che quel giorno mantenne i ceppi sulla cabina 3 «su autorizzazione» di Tadini. Lo stesso operatore ha confermato ai pm che fu il caposervizio a dargli l'ordine e, in linea col verbale di Tadini, ha anche raccontato che il tecnico aveva più volte discusso col gestore Nerini e col direttore Perocchio perché lui avrebbe voluto «chiudere» l'impianto e gli altri due non volevano per «motivi economici».

E' l'unico teste agli atti, in sostanza, che è in linea con Tadini e 'accusà i vertici. L'operatore ha anche descritto Tadini come «demoralizzato» e turbato in quei giorni perché, a suo dire, voleva interrompere le attività della funivia per le anomalie ai freni. A Tadini, secondo l'operatore, vennero fatte «pressioni» da Nerini per non fermare i viaggi delle cabine. Le analisi su presunte responsabilità di altri, oltre a Tadini, nel tenere su i forchettoni a bloccare i freni si concentrano su quel mattino.

Anche se pare che fosse una prassi che andava avanti almeno da fine aprile e non è escluso quindi che contestazioni di omissioni dolose di cautele possano essere portate avanti dagli inquirenti anche per altri giorni in cui la cabina viaggiava coi ceppi inseriti e viaggiatori all'interno, ma per fortuna non accadde nulla.

Accertamenti su funi e freni - Adesso però l'attenzione è sugli accertamenti sulla funivia in Piemonte: la procuratrice di Verbania, Olimpia Bossi, ha chiarito che questi sono «sono finalizzati a capire perché la fune si è rotta e si è sfilata, e se il sistema frenante aveva dei difetti», e da queste analisi si vedrà se «emergeranno» anche altre responsabilità. Non sarà facilissimo né con tempi brevi, perché parte dei controlli saranno realizzati con la cabina ancora sul luogo dell'incidente in cui hanno perso la vita 14 persone, mentre altri avverranno dopo la rimozione. Solo in una fase successiva arriveranno gli avvisi di garanzia per altri indagati.

Per il momento si sa solo che «cronologicamente prima si è spezzata la fune e poi essendo stato disattivato il sistema frenante la cabina è precipitata». Bossi è tornata a parlare delle scarcerazione dei due indagati Nerini e Perocchio e dei domiciliari di Tadini: «L'impianto accusatorio come qualificazione giuridica dei fatti resta invariato e anzi è stato avallato» con la misura cautelare per Tadini per omissione dolosa aggravata dal disastro, e da ciò «ripartiamo». Sui due il gip parla di indizi insufficienti «in quel momento, restano indagati e l'attività di ricerca prove sarebbe andata avanti comunque».

Nuovi avvisi di garanzia - Il fatto che potranno esserci nuovi indagati, soprattutto con gli accertamenti irripetibili, che consentono come garanzia agli stessi indagati di nominare i propri consulenti tecnici, «è una possibilità che esiste in tutte le attività di indagine» e in tutte le indagini. «Altre responsabilità - ha detto Bossi - potrebbero emergere anche in questa indagine, come nelle altre e dunque non è una certezza».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 31 Maggio 2021, 14:56
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