Il Divin Codino, Martufello: «Roberto Baggio cercava una figura paterna e Carletto Mazzone l'ha capito subito»

Il Divin Codino, Martufello: «Roberto Baggio cercava una figura paterna e Carletto Mazzone l'ha capito subito»

di Piergiorgio Bruni

Maurizio Maturani, in arte Martufello. Alias, Carlo Mazzone. La sua interpretazione dell'allenatore romano e romanista, lui che è nato a Sezze ma tifa la Magica da sempre, nel film "Il Divin Codino" ha sorpreso e strappato parecchi consensi. Non un'imitazione, ma una vera e propria performance scenica. Semplice, pulita, lineare. Come il reale rapporto tra Roberto Baggio, uomo da mille sfaccettature, soprattutto umane, e l'amatissimo sor Carletto durante l'esperienza al Brescia, nei primissimi anni del nuovo Millennio.

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Come si è preparato per interpretare Carlo Mazzone?
«Non l’ho fatto, ma durante le riprese lasciavo a casa Martufello e mandavo Maurizio sul set. Qualcuno ha parlato di un'imitazione, tuttavia non è stato semplice: nonostante abiti da 40 anni a Roma, non so parlare realmente romanesco. Ho sempre un po' di timore se faccio cose molto diverse dal mio essere, mi è capitato spesso anche a teatro, per esempio in una commedia di Petrolini, poi però quando mi convincono riesco a dare il meglio».

Si è aiutato solamente con la sceneggiatura?
«Per la maggior parte sì, poi ovviamente ho studiato e rivisto alcuni suoi video. Quando ho letto il copione mi è piaciuto immediatamente. Certo, mancano alcune cose del personaggio Carletto, perché rimane comunque un film, ma si è preferito dare spazio all'allenatore padre. E lì, comunque, si vede ugualmente il grande professionista e la persona per bene».

Senza andare troppo nel dettaglio, c'è qualcosa che manca nella narrazione?
«La scena della corsa di Mazzone verso la curva in cui erano assiepati i tifosi dell'Atalanta (30 settembre 2001, ndr): per motivi legati alla Pandemia non è stato possibile realizzarla. Ecco, sarei stato felice di interpretare pure quel momento».

Ha mai incontrato Carlo Mazzone?
«Sfortunatamente, no.

Ma è come se ci conoscessimo: entrambi amiamo Roma e la Roma».

Martufello, come si spiega questo legame tra Mazzone e Baggio?
«Baggio ha sempre cercato una figura paterna e, proprio per questo, probabilmente si scontrava con molti dei suoi precedenti allenatori. Carlo (Mazzone, ndr), invece, l’ha capito subito. Ha compreso le necessità del ragazzo e si è creato un rapporto fortissimo».

Qual è la prima immagine che Le viene in mente quando si nomina Roberto Baggio?
«Non è possibile sceglierne una soltanto. Di questi campioni ti porti dentro tutto, dalla A alla Z, sono dei grandi che lasciano il segno. E lo stesso vale per Francesco Totti».

Il 'Divin Codino' si è visto sul set?
«No, mai. L'ho sperato fino all'ultimo, ma non c'è stata occasione».

Voltiamo pagina: si sta muovendo qualcosa nel mondo dello spettacolo in materia di aperture?
«Per ora no, credo bisognerà aspettare la cosiddetta Zona Bianca. Siamo stati la categoria più maltrattata: è da 1 anno e mezzo che il nostro lavoro è completamente fermo. Aspettiamo con ansia nuove direttive, ma se continua così diventa un enorme problema».

Ancora di più?
«Direi di sì. Mi riferisco a tutti quegli artisti che non si potevano permettere il pranzo o la cena e hanno dovuto cambiare mestiere. E penso pure a tutto quello che circonda il nostro mondo: gli operai, gli stagionali dei service, il catering, gli assistenti».

Si è mai chiesto il motivo di tanto accanimento verso la vostra categoria?
«Ne ho parlato l’altro giorno a cena anche con il mio amico e collega Maurizio Battista, ma non abbiamo trovato risposta. Non capisco come sia possibile far lavorare 1.000 persone in una fabbrica e non permettere, in totale sicurezza, l’accesso in teatro. Ci hanno chiuso per un lunghissimo periodo e hanno iniziato a riaprire a maggio, quando di norma nello spettacolo è tutto fermo».


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 2 Giugno 2021, 20:29
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