Sanremo 2024, Diodato: «De André è parte di me. Il Festival? Un porto sicuro»

L'intervista al cantautore tarantino che ritorna a Sanremo dopo la vittoria nel 2020 con "Fai rumore". Dopo il Festival, un nuovo progetto discografico.

Sanremo 2024, Diodato: «De André è parte di me. Il Festival? Un porto sicuro»

di Rita Vecchio

Successi, applausi e gratitudine. Diodato vuole raccontare il suo viaggio in perenne evoluzione e torna in gara al Festival di Sanremo per la quarta volta con un brano scritto e composto da lui. 

Perché "Ti muovi"? 
«Le canzoni sono strane. Partono da un punto preciso, che può essere anche di squilibrio, e diventano un non luogo, un non tempo, un non spazio. In questa ho sentito quella leggerezza che mi ha spinto a proporla ad Amadeus​.  Il brano racconta la mia storia personale che si fa universale. Legato all’amore di Diodato, al confronto umano in cui ovviamente l’amore fa da cardine, di un volersi dire che ci sono modi diversi per affrontare le cose. Nasce dal "muovere" sensazioni ed emozioni interiori e trasformarle in qualcosa di bello. Anche il videoclip, girato a Roma Cinecittà, con Giorgio Testi (Rolling Stones, Bon Jovi, Elton John, ndr) e Irma Di Paola, andrà su questa direzione». 

DIODATO (cover brano in gara, "Ti muovi")

C'è un verso in cui scrive e canta: "Non puoi pensare a ciò che resta e vuoi toccare il fondo". E' riferito a Diodato?

«No, di solito non arrivo a raschiare il fondo. Ci sono persone che per cambiare pagina, però, devono farlo. Sono molto attratto, ma sono consapevole che è inutile. Per cui mi fermo prima, senza andare in basso». 


Teme il confronto con "Fai rumore", di cui tutti conosciamo il successo? 
«Il confronto è inevitabile. È importante che le persone intorno abbiano la delicatezza di lasciarti libertà. Sinner su questo ha detto parole bellissime l'altro giorno. Anche nel 2020 c'era chi mi diceva di scegliere "Che vita meravigliosa". Ma "Ti muovi" ha una forza che spinge dagli abissi verso la luce, come fosse il prosieguo naturale del viaggio di "Fai rumore"». 


Con la cover di De André va sul sicuro. Fu colonna sonora di "Anni Felici".
«"Amore che vieni, amore che vai" fa parte del mio viaggio, una costante nella mia vita, uno dei punti saldi in una giostra che gira. Non potevo non riprenderla per raccontare il percorso di questi dieci anni. Avevo conosciuto il regista Daniele Luchetti prima che uscisse l’album "E forse sono pazzo", che gli piacque molto. Così Luchetti la scelse nel film. Ho fatto il primo Sanremo, forse, grazie proprio a questa canzone. Fabio Fazio lo invitò a "Che tempo che fa". Alla fine non andò, ma probabilmente ascoltarono la colonna sonora e mi chiesero se avessi voluto provare a partecipare tra le Nuove Proposte (conduceva Fazio, ndr). Così mandai "Babilonia"». 


Perché il suo ospite della serata del venerdì sarà Jack Savoretti? 
«Siamo in sintonia, abbiamo tanto in comune.

Anche lui, come me, ha collaborato con il produttore Tommaso Colliva. E' stato il primo e l'unico artista a cui ho chiesto». 


Anche Sanremo è un suo "porto sicuro a cui tornare"? 
«Probabilmente, sì. Il Festival è un bellissimo spot. È una luce puntata su quello che vuoi raccontare. E se sei in pace con il tuo racconto, non puoi temere. Spero di non avere la stessa tensione della prima volta. Se mi riguardo nei video del 2014, ho una faccia terrorizzata. "Babilonia", però, fu una splendida esperienza». 

Se lo immagina come un "casino esistenziale" come in "Ci vorrebbe un miracolo"? 

«Beh, con trenta artisti che siamo (scherza, ndr)... Durante le prove ho avuto delle belle vibrazioni. Il clima è bello festoso. Sembra un festival che vai a fare anche d'estate». 


Avrà più tranquillità? 
«Per questa risposta mi avvalgo della lezione di Morandi. Mi chiamò subito prima di cantare al Festival ("Apri tutte le porte", ndr) perché gli avevo mandato una foto mentre ero con i Manetti Bros sul set di "Se mi vuoi" per Diabolik al Duse di Bologna, teatro dove Gianni era in quel periodo "resident". Lo presi in giro, dando per scontato che fosse tranquillo a pochi minuti dalla sua esibizione. E lui mi rispose, invece, che più si aveva consapevolezza di tutto lavoro fatto, e peggio si stava in termini di ansia. Ha ragione». 

DIODATO (ph credit Alessio Albi)

Dopo il Festival?

«Mi aspetta un nuovo progetto discografico registrato con la band allo studio Officine Meccaniche (Mauro Pagani, ndr) in presa diretta. Non saranno inediti, ma una fotografia di come si sono trasformate alcune mie canzoni facendole live». 

E al cinema?

«Non ho progetti immediati. Sono nelle sale con “La mia terra”, colonna sonora del film Palazzina Laf di Michele Riondino, con cui divido la direzione artistica dell’Uno Maggio Taranto». 


A proposito di Taranto: per la prima volta, due giorni fa, imprenditori e dipendenti sono scesi in piazza per sollecitare il governo ad azioni contro la chiusura dell'ex Ilva. 
«Io ho un'idea chiara su questo. Siamo vittime costanti di una disperazione. Comprendo la paura di chi si ritrova davanti alla possibilità di non avere un lavoro, ma forse dovremmo iniziare a pretendere molto di più da parte di chi ci governa, da parte di chi ha la possibilità di intervenire e non lo fa. Senza la vita, non si può nemmeno parlare di lavoro».

Ha parlato di viaggio. A che punto del viaggio è Diodato in questo momento?

«Al punto in cui cui vorrei godermi passo dopo passo le cose che faccio. So dove voglio andare e mescolare le carte non mi spaventa più. Questa canzone è il primo passo verso qualcosa che arriverà». 


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 31 Gennaio 2024, 09:22
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