Gazzelle: «La mia musica è rabbia e terapia. I miei idoli? Vasco e i cantautori»

I "giornalisti terroristi", gli errori, la carriera, il Festival di Sanremo, i duetti con Fulminacci, Thasup e Noyz Narcos. Il cantautore romano pubblica il nuovo album, Dentro. Il 9 giugno sarà live per la prima volta allo Stadio Olimpico di Roma.

Gazzelle: «La mia musica è rabbia e terapia. I miei idoli? Vasco e i cantautori»

di Rita Vecchio

Gazzelle, partiamo dalla fine. Come è che uno della sua scena e della sua generazione arriva allo Stadio Olimpico di Roma?

«Ci arriva step by step, non è un fulmine a ciel sereno. Fin da piccolo il mio sogno nel cassetto era fare il cantante che canta negli stadi. Il prossimo 9 giugno ne assaggerò uno, e vedrò com'è. Mi sento scombussolato e gratificato nello stesso tempo. Sei anni fa, avevo un altro lavoro. A poco a poco, anche grazie alla fortuna, sono arrivato qui. A Roma ho suonato in tutti i posti, mi mancava solo lo stadio. Volevo dare uno scenario diverso a chi mi segue da anni. Non era scontato niente, compreso che ne facessi almeno uno nella vita». 

Sognare gli stadi, ma qual era l’idolo di riferimento di Flavio Bruno Pardini prima che diventasse Gazzelle? 

«Vasco, numero uno da 40 anni, uno che di stadi se ne intende. Sono cresciuto con la sua musica e quella dei grandi cantautori italiani, Battisti, Battiato, De Gregori, Dalla». 

Molti dei suoi colleghi si soffermano sul binomio numeri classifiche/numeri vendite biglietti che non sempre coincidono. Anzi, ci sono artisti in testa alle classifiche che non riempiono spazi. Che pensa? 

«Penso che dipenda dalla musica che si fa. Per stare in classifica, devi fare musica commerciale. Per portare gente ai concerti il percorso è lungo, devi conquistarti la sua fiducia piano piano e non deluderla. La cosa veramente difficile non è fare uno stadio, ma rifarlo. Paga la coerenza e serve avere una visione. Per me la musica è un privilegio, non cercherei di sporcarla in assoluto». 

La musica sempre come urgenza, necessità e rabbia?

«Sì, ma anche come terapia e vita. La musica per me è tutto, tranne che un lavoro. Per questo cerco di non svendermi, di non snaturarmi». 

E’ difficile rimanere coerenti? 

«Dipende da cosa insegui. Se lo fai per soldi, allora si aprono scenari diversi. Se lo fai, come me, per pura dedizione, si resta lucidi nelle scelte che si fanno». 

Ha detto che fa fatica a rispettare l’autorità e le cose convenzionali. Qualche eccezione?

«I miei genitori (ma solo adesso che sono grande). Di indole sono un ribelle. Ho la testa sulle spalle, non mi sono cacciato in grossi guai, ma non mi piace che qualcuno mi dica cosa fare, soprattutto nelle cose che contano. Mi sono ribellato a tante cose, ho stravolto la mia vita, ho inseguito un sogno che è già una forma di ribellione rispetto a un’esistenza premeditata». 

Sei tracce pubblicate un mese fa, le altre adesso. Quarto della carriera, che album è “Dentro”?

«Un disco diverso dai precedenti, ed esserlo è già una vittoria. Non è sperimentale, sono io al cento per cento, in cui c'è il meglio e il peggio di me. Ci sono i duetti con Fulminacci, Noyz Narcos e thasup. Ho tirato le somme degli ultimi anni». 

Gazzelle e Fulminacci, per la gioia dei fan, finalmente insieme. 

«Il brano si intitola "Milioni". E' un vero duetto, una vera collaborazione, ci siamo chiusi in studio e accordo dopo accordo è nata questa canzone. Ci siamo divertiti, ci siamo conosciuti, c'è un buon feeling. Lui sarà uno degli ospiti del mio concerto». 

Ci sarà anche Noyz Narcos con cui canta "Roma"?

«Lo spero. Uno dei più importanti rapper e non potevo non fare con lui il brano in cui racconto la mia città, dove vivo ancora». 

Ha mai pensato di fuggire, di trasferirsi? 

«Non è facile spostarsi, anche se è una città scomoda ed è come stare nelle sabbie mobili. Io non sono un nomade, mi piace essere stanziante. Però ammetto che ho fantasticato di venire a vivere qui a Milano. C’è il mio mondo musicale, dal mio manager alla mia casa discografica. Qualche anno fa avevo fatto la proposta di affitto, ma quando mi chiamarono per dirmi che l'avevano accettata, ho cambiato idea. E dopo tre giorni ho comprato casa a Roma». 

C’è un brano in cui ci mette la faccia, “Flavio”. 

«Un pezzo in cui uso il sarcasmo, una lente di ingrandimento su quello che è la mia vita a livello lavorativo». 

"Quando fai un sacco di errori/gli altri tutti campioni": quali sono gli errori che ha fatto? E si è mai sentito un campione?

«Sono errori della vita personale, relazionali, non errori artistici.

Sbagli e sensi colpa, rammarichi e rimpianti.  Sentirmi io un campione? Mai, nemmeno ora con lo Stadio Olimpico». 

Il successo non riesce proprio a farselo piacere?

«No, non mi interessa. Quello che mi interessa è fare musica».

"La prima canzone d'amore" è Gazzelle che canta l’amore. E’ innamorato?  

«Sì, lo sono. E questa è la prima vera canzone di un amore iniziato e non finito. Una cosa inedita per me». 

E invece, in LPPBDS, "La primavera più brutta di sempre", il riferimento è metaforico o reale? 

«E' reale. Mi riferisco a quella del 2020, uno dei periodi più bui della mia vita, in cui mentre lo attraversavo c’era anche la pandemia. Ne sono uscito anche grazie a questo disco». 

Ritornando ai cantautori con cui lei è cresciuto. Diversamente da oggi, la società si affidava a loro. 

«E’ cambiato tutto. Anche la politica non è la stessa degli anni ’70, c’erano altre persone al governo. La politica di oggi è dissociata da noi popolo. Io per primo non mi sento rappresentato. Dovrebbe curare i nostri e invece il politico fa il politico per i soldi e per il potere». 

"Giornalisti terroristi": perché riportare questo slogan nel testo?

«Chi l'ha detto che è uno slogan? Si potrebbero immaginare due parole, separate dalla virgola». 

Eh, ma la virgola non c’è.

«Si può sempre mettere (ride, ndr). E' una frase in cui voglio dire che si deve amare ciò che si fa, altrimenti si fanno danni. Ho visto giornalisti sopra le righe, spesso mi sono ritrovato frasi virgolettate che non avevo detto e pensieri che non erano i miei. Negli anni ’70 era diverso, allora erano intellettuali. Questo vale anche per i critici musicali. Io credo che l’arte e la musica vadano fatte e non “criticate”. Perché darmi un voto, o le stelline? Siamo a Masterchef? "Giornalisti terroristi" è la sintesi». 

Su Twitter ha scritto: “Mi stressa sapere che dovrò salvare la musica italiana, di nuovo”. Perché?

«C'è troppa musica, ci sono cose fighe ma ci sono anche tante cose brutte. Ci penso io a salvarla!». 

Su Sanremo lei si è già espresso, ma il tempo passa e si può cambiare idea. Per cui rifaccio la domanda: lo farebbe? 

«Non lo escludo a priori. Ogni anno penso: "Ci vado o non ci vado?”. E alla fine non vado, ma non per snobberia. C’è della paura. Il Festival ha il suo fascino, come tutte le cose che hanno una storia. Una volta nella vita va fatto, come lo stadio». 

Paura di cosa?

«E' un palco che ti dà un'esposizione molto alta e io no so se voglio espormi così tanto. Se partecipo a Sanremo e non vinco, "me rode". Se vado è perché penso che la mia canzone sia la più bella di tutte. Ma a vincere non è sempre la canzone migliore. Sanremo è anche tv, conta essere un personaggio. E magari c'è chi è personaggio meglio di me. E' una competizione la mia. Di Gazzelle con Gazzelle, non con gli altri».  

Perché ha detto che quando sarà vecchio non esclude che smetterà di fare musica? Che andrà a fare? 

«Il vecchio. Credo che l’arte in generale sia per giovani. De Gregori è eterno, ma va a concerti e la gente canta Rimmel. Quando scrivi hai dei sogni e io non mi vedo a 60 anni a scrivere canzoni». 

Si sente sempre punk? 

«Abbastanza da potere scrivere "giornalisti terroristi" in una canzone». 

"La mia vita è fatta di sogni grossi". Un altro di Gazzelle, oltre l’Olimpico?

«Sogno San Siro e tutti gli stadi possibili». 


Ultimo aggiornamento: Lunedì 5 Giugno 2023, 20:38
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