Carl Brave: «Ho viaggiato tanto ma Roma non si batte. Vorrei cantare al Colosseo. lnviterò Mourinho al prossimo concerto»

Parla il rapper romano che presenta il nuovo singolo Lieto fine. «Ho fatto un incidente per guardare il cu*o di una ragazza»

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di Davide Desario

«Il cielo che tuona, le curve di Roma...». E da una di quelle curve eccolo spuntare, Carl Brave: produttore e cantante, 33 anni, all’anagrafe Carlo Luigi Coraggio, un metro e novantacinque centimetri di altezza che fino a qualche anno fa gli hanno permesso di giocare a basket in giro per l’Italia e che oggi hanno dato spazio a mille tatuaggi compreso quel SPQR sulle nocche della mano destra.

Se c’è uno che oggi sa raccontare la Roma dei pischelli, delle smartine, delle birre, delle guardie, dello stadio, delle chat, delle call, di Trastevere, Ostia e Fregene è proprio lui. Un Remo Remotti 3.0 che proprio domani fa uscire “Lieto fine”, un pezzo dedicato alla Capitale.

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Sarà il nuovo tormentone dell’estate?
«Non posso saperlo. Lo deciderà la gente. Questo non è un pezzo troppo pensato. Mi è uscito fuori. All’improvviso. Viscerale».

E come mai è arrivato così all’improvviso?
«In questi due anni ho viaggiato tantissimo. Ho girato il mondo a caccia di nuove sonorità, sound nuovi e nuovi strumenti. Sono stato in Giappone, Spagna, Marocco. E poi quando sono tornato a Roma è esplosa questa canzone. Perché, aho, bella Tokyo, bella Barcellona, ma Roma non si batte».

Racconta la tua Roma, dove sei nato?
«Ospedale Fatebenefratelli, all’isola Tiberina. Il cuore del cuore di Roma. Col Tevere che scorre a destra e sinistra».

Casa?
«Ne ho cambiate un botto. Portuense, Trastevere, piazza Cavour, Nettuno. Ora sono tornato a Trastevere, altezza viale Glorioso».

Scuole?
«Pure quelle ne ho girate tante. Righi e Cavour su tutti. Ma anche due anni a Milano ho frequentato il Sae, un istituto per diventare ingegnere del suono. Lì ho avuto un grande maestro, Marcello Ruggiu, che mi ha insegnato tanto e musicalmente gli devo molto».

La cosa più bella di Milano?
«Il treno per Roma (ride, ndr). A parte gli scherzi ho passato due anni a studiare e a fare serate. Sono stato comunque bene».

Torniamo a Roma, la tua Roma.
«Il mio è un rapporto viscerale. Difficile da spiegare. A me piace girare per tutta la città. È così che mi ispiro. Io scrivo girando per la città».

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Come la giri?
«Prima in motorino (un Sh50 con cui ho fatto chilometri e chilometri, acquazzoni), ora in macchina. C’ho di nuovo una smartina, è una svolta. La prima l’ho portata dal meccanico e me l’hanno fregata. Adesso me la sono ricomprata».

Hai fatto tanti incidenti all’ombra del Colosseo?
«Tantissimi, ma mai gravi. Sempre piccole cose e per motivi stupidi».

In che senso?
«Una volta tornavo dagli allenamenti di basket. Guidavo una Lancia Lybra e per guardare il culo di una pischella sul ponte Palatino sono andato a sbattere contro un’altra auto. Per fortuna anche quello amava il basket e quando ha visto che avevo il pallone sul sedile mi ha lasciato andare».

E la pischella?
«Boh, è andata.

Me la sono persa».

 

Forse gira ancora per Roma.
«Non credo. Secondo me, era americana, era bella carica. Se po’ di’?».

Ok, ma quando cerchi te stesso, quando hai il fuoco dentro, qual è l’angolo di Roma dove ti rifugi?
«La verità? Un campetto di basket al Celio: vado là e mi metto a fare due tiri al cesto. C’è un’atmosfera speciale. Mi dà pace».

Però adesso lo tradisci con Colle Oppio dove organizzi la terza edizione di Celebrity Game.
«È vero, lo tradisco. Però, con i miei amici, facciamo una cosa bella: una due giorni sul campo da basket con vista sul Colosseo, dove si alternano a giocare studenti ma anche personaggi come Noemi, Paltrinieri, Rosolino».

Aver giocato a basket a livello professionistico ti ha aiutato?
«Tantissimo. Dopo l’educazione dei miei genitori, quelli dello sport sono stati gli insegnamenti più grandi. Fare squadra, muoversi insieme verso lo stesso obiettivo, mettere i compagni nelle migliori condizioni. Devo molto al mio vecchio allenatore, Fulvio Ciancarini».

Per esempio?
«Mi diceva sempre che dovevo trovare un piano B. E io ho trovato un pianoforte».

Però continui a fare squadra. Nei tuoi dischi hai ospitato, tra gli altri, Fabri Fibra, Coez, Emis Killa, Gemitaz, Giorgio Poi, Elodie, Pretti Solero, Mara Sattei, Tha Supreme, Noemi...
«È vero, mi piace molto provare, scoprire, condividere».

Chi ti ha sorpreso di più.
«Ma ogni volta un po’ tutti».

Dai, fai un nome.
«Elisa. Sì, tecnicamente è sbalorditiva. Io compongo e registro a casa, prima in una piccola soffitta. Ricordo che lei e Max Gazzè vennero nella mia soffitta e lei fu incredibile al momento di registrare il ritornello di Vivere tutte le vite».

Con chi vorresti collaborare che ancora non hai avuto occasione?
«Cremonini, Tiziano Ferro. Ma in verità io collaborerei con tutti. Davvero».

Romano e super romanista.
«Sì è salita questa passione insieme a Noemi. Con lei andiamo allo stadio insieme. È molto emozionante vedere tutte quelle persone tifare e soffrire insieme per una maglia. Un senso di appartenenza che ti fomenta».

Ma c’è qualcosa che non ti piace dello stadio?
«Per chi come me viene da un altro sport, la perdita di tempo durante le partite fa incazzare. I giocatori che si buttano per terra, sembrano morti e poi si rialzano».

Mourinho?
«Un grande, “the king”. Non l’ho mai incontrato, mi piacerebbe tanto. Quasi quasi lo invito al mio prossimo concerto, certo non ce lo vedo tanto a cantare Lieto Fine (e scoppia a ridere ndr)».

Dove ti piacerebbe suonare?
«Al Colosseo. È il sogno mio. Chi l’ha fatto, invece? C’ha suonato Ultimo, mortacci sua. Lo dico simpaticamente eh».

La storia d’amore che non ti è andata giù?
«Nessuna. Tutto risolto. Sto bene».

Nemmeno la prima che ti ha spezzato il cuore?
«Sì quella, ora che ci penso, sì».

Come si chiamava?
«Non lo dico, dai».

Ancora Roma, cosa le manca?
«Niente. Mi piace così com’è. Così incasinata. Io ci sto bene. È come un parente stretto che non funziona, ma tu gli vuoi comunque bene. E te lo fai andare bene così».

Come te lo immagini il tuo lieto fine?
«Bella domanda. Spero di continuare a fare questa vita. A cantare. Magari finisco da dove ho iniziato. Magari da vecchio a cantare in corsia al Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina».


Ultimo aggiornamento: Sabato 27 Maggio 2023, 14:36
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