Una lunghissima lettera di dimissioni delle ministre Bonetti-Bellanova e Scalfarotto a Giuseppe Conte. Quattro pagine, indirizzata al premier Conte e firmata dalle due ministre renziane, Elena Bonetti e Teresa Bellanova, e dal sottosegretario Ivan Scalfarotto, per motivare la decisione di lasciare il governo. “Non vogliamo renderci complici di delegittimare il metodo democratico ritenendolo secondario rispetto all’emergenza”, scrivono le due ministre e il sottosegretario, rimproverando anche al premier – esprimendo rammarico e meraviglia – di aver “ignorato i segnali di preoccupazione che le abbiamo trasmesso quanto al rispetto delle Istituzioni e delle procedure che ne costituiscono la garanzia”.
Ecco il testo completo.
Signor Presidente del Consiglio, la politica è la più alta e nobile forma di servizio e servire le istituzioni repubblicane l'onore più memorabile che possa capitare a una cittadina o a un cittadino. Non è interesse di parte, non è ambizione personale. Questi principi sono stati la stella polare della nostra esperienza professionale, politica e di vita. Veniamo da storie diverse: Teresa si è formata nel lavoro sindacale, Elena nell'associazionismo cattolico, Ivan nella lotta per i diritti e per l'uguaglianza. Ma oggi ci troviamo uniti, nella diversità delle nostre esperienze, davanti a un passaggio che è estremamente difficile sul piano umano ma che dobbiamo alla nostra comunità politica, alle nostre famiglie, e in primo luogo a noi stessi, alla nostra coscienza individuale. Lasciare un incarico di Governo richiede lunghissime, dolorose e assai profonde considerazioni. Abbiamo deciso di rimettere il nostro mandato in nome della dignità e della nobiltà della politica e della nostra libertà e responsabilità individuale. Sono tre i motivi per i quali lasciamo la squadra di Governo, ringraziandoLa comunque per questi sedici mesi di collaborazione e di lavoro comune. Il primo motivo è di metodo. Abbiamo voluto questo Governo convinti che fosse necessario per evitare la deriva verso i "pieni poteri" che un importante esponente del precedente Esecutivo aveva richiesto per sé stesso. Anche oggi non vogliamo renderci complici di delegittimare il metodo democratico ritenendolo secondario rispetto all'emergenza, Al contrario pensiamo che la democrazia debba essere difesa integralmente soprattutto nei momenti di massima crisi, non solo nei momenti di tranquillità. Ci ha dunque assai meravigliato e rammaricato vedere come Lei Presidente, in particolare negli ultimi mesi, abbia ignorato i segnali di preoccupazione che Le abbiamo trasmesso quanto al rispetto delle Istituzioni e delle procedure che ne costituiscono la garanzia. Non siamo stati i soli, a dire il vero. Pensiamo alle parole importantissime del Presidente Cassese ma anche alle sollecitazioni che sono giunte dal Parlamento, per bocca di autorevoli membri della maggioranza, che hanno evidenziato il mancato rispetto delle forme parlamentari e istituzionali. Potremmo a lungo argomentare su moltissime cose che ci hanno lasciati perplessi e che non abbiamo mai mancato di sottolineare: le modalità con le quali si è normalmente gestito il procedimento legislativo, le mancate convocazioni del pre- Consiglio, l'abitudine di governare con decreti legge trasformati in emendamenti ad altri decreti legge, l'utilizzo ridondante dello strumento del DPCM, l'eccesso di dirette a reti unificate durante la pandemia, l'utilizzo dei propri canali social personali rilanciati dalla televisione di Stato, la scelta di non assegnare l'Autorità delegata ai servizi segreti, la trasformazione in show del ritorno a casa di nostri connazionali rapiti in Libia quando è noto che le modalità di rilascio richiederebbero il piu rigoroso silenzio delle istituzioni (e men che mai le geolocalizzazioni dal telefonino dei bunker segreti), l'assegnazione costante alla stessa figura commissariale di tutti i principali centri di spesa legati alla pandemia e, in ultimo in ordine cronologico, la timidezza con cui si sono condannati i disordini di Washington e il loro mandante. Ma basti per tutti, Signor Presidente, l'immagine del 30 dicembre scorso quando- in piena verifica politica e dopo che avevamo sottolineato la necessità di un decoro diverso e di un maggiore rispetto delle Istituzioni — Lei ha ritenuto di non presenziare al dibattito in Senato sulla legge di Bilancio 2021 (legge che peraltro il Senato non poteva discutere ed emendare essendo arrivata a Palazzo Madama, per la prima e ci auguriamo ultima volta nella storia repubblicana, il 28 dicembre) ma di intrattenersi in conferenza stampa lanciando un guanto di sfida alle forze politiche di maggioranza in vista di un confronto parlamentare. Il tutto senza dare alcun cenno di risposta - men che mai scritta - a una lunga lettera circostanziata inviataLe dal nostro partito due settimane prima. Signor Presidente, se le altre forze politiche dell'attuale maggioranza, nonostante la loro storia, sembrano accettare la sistematica compressione del ruolo dell'istituzione parlamentare e la violazione delle tradizionali forme della liturgia democratica,noi non possiamo che prenderne atto.Possiamo altresì comprendere che la maggioranza dei cittadini possa non essere particolarmente interessata a temi di questo genere, Ma non possiamo ignorare che questa maggioranza era nata proprio per evitare la concentrazione di poteri in capo a una sola persona e ribadire il rispetto delle istituzioni democratiche. Il secondo tema è di merito.Questo Governo deve affrontare un'emergenza drammatica, legata alla pandemia. Ma non può essere soltanto l'emergenza a tenere in piedi il Governo: devono essere le scelte, gli atti, le riforme, i provvedimenti. Paradossalmente è proprio la necessità di rispondere alla pandemia che ci impone di assicurarci ora che l'esecutivo sia capace di prendere tempestivamente decisioni fondamentali per la vita del Paese.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Gennaio 2021, 22:30
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