Pozzi nascosti, task force dei vigili urbani per trovare le cavità a rischio dopo il caso Julen

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di Simone Pierini
La morte del piccolo Julen Rosello, precipitato a soli due anni in un pozzo a Malaga, in Spagna, ha riportato la mente ad Alfredino Rampi e alla tragedia di Vermicino. Un dramma vissuto attimo dopo attimo così come avvenne in quel terribile giugno del 1981. Una tragedia che poteva essere evitata, così come quella di Julen.

Perché il pozzo era rimasto aperto? Perché non era segnalato? Nella Capitale, in particolare nella periferia di Roma, sale l'allerta per evitare che accada di nuovo. Ieri ad Acilia un cane ha rischiato la vita, salvato dall'intervento dei vigili del fuoco che lo hanno estratto da un pozzo abbandonato in mezzo alle sterpaglie in un'area dove sono rimasti alcuni cantieri abbandonati. Ma quanti ce ne sono ancora? Nella stessa zona dove è precipitato il labrador ne sono stati segnalati più di uno. Si tratta di pozzi o cunicoli creati per il passaggio di cavi elettrici o simili, diversi dai pozzi artesiani legati alle tragedie di Julen e Alfredino. Le zone più a rischio sembrano essere proprio quelle limitrofe ad abitazioni abbandonate, lavori lasciati in sospeso. Lì è dove porre la massima attenzione. Ed è per questo che Campidoglio e Protezione civile hanno avviato un monitoraggio capillare del territorio per mettere in sicurezza tutti i pozzi a rischio. Un lavoro che dovrà essere terminato in sei mesi: a gestire la task force ci penserà uno speciale nucleo dei vigili urbani che avrà carta bianca e priorità di intervento.

«Devi immaginare che può accadere, che devi mettere in sicurezza un pozzo. Che un nipote, un bambino qualsiasi può caderci dentro», sono le parole rilasciate in questi giorni da Franca Rampi, la mamma di Alfredino che con la vicenda di Julen ha vissuto nuovamente ciò che ha subito sulla propria pelle. La signora Rampi parla di «cultura della prevenzione: far capire che i pozzi devono esser chiusi». Perché «se le persone continuano a fare come pare a loro si rievoca il mio personale dramma, nonostante tutte le iniziative portate avanti».

Lei stessa ha aperto un'associazione, il Centro Alfredo Rampi Onlus, che si occupa proprio della sicurezza. Promossa nel 2011 in occasione dei trent'anni dalla morte di Alfredino per finanziare le attività di prevenzione dei rischi ambientali, dall'incidente stradale alla catastrofe, e di formazione dei cittadini alla cultura della sicurezza e della protezione civile e alla gestione delle emergenze civili ed ambientali.
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 28 Gennaio 2019, 09:13
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