L'infettivologo Galli: «Milano preparati, nella Fase 2 ci saranno piccoli focolai»

L'infettivologo Galli: «Milano preparati, nella Fase 2 ci saranno nuovi focolai»

di Simona Romanò
Lunedì parte la Fase 2. Milano, la Lombardia e l’Italia guardano avanti, pur con tutte le cautele, fra dubbi e incognite. E la paura di una ricaduta nella regione più colpita, nella città più colpita. «Non sarà un ritorno alla normalità, perché purtroppo non è finita l’emergenza e dovremo convivere con la malabestia», avverte l’infettivologo Massimo Galli, primario del Sacco e professore di malattie infettive all’Università di Milano.

Dopo due mesi voltiamo pagina?
«Fra morire di Covid-19 e morire di fame per la crisi economica abbiamo trovato un compromesso. Però, c’è una spada di Damocle».
Quale? «Realisticamente i rischi ci sono, perché il virus è ancora in mezzo a noi. Dovremo conviverci per molto tempo, avendo capito sulla nostra pelle che può fare molti danni. Non è dato sapere quando veramente i contagi si azzereranno, di certo, non sarà questioni di giorni, bensì di mesi».
A Milano i dati oscillano. È preoccupante in vista della Fase 2?
«La Lombardia era ridotta come Wuhan, travolta dai contagiati acclarati, oltre a quelli sommersi. I casi veri presumibilmente sono dieci volte quelli accertati: è scontato che la città fatichi ad uscire dall’incubo. Ad oggi, il problema milanese sono i focolai domestici, perché se ne creano di continuo. Chi rimane in casa ha una forma leggera di coronavirus, ma può trasmetterlo ai parenti, perpetuando il contagio».
Esiste quindi un caso Milano?
«Lo dicono i dati di ogni giorno. Perché si vede un aumento di casi milanesi che non è comparabile a quello delle altre realtà italiane. Eccetto Torino».
Quindi, la Fase 2 milanese sarà un problema?
«La prudenza è d’obbligo. Finora abbiamo contenuto l’epidemia con misure drastiche. Ora dobbiamo riaprire con il contagocce e man mano monitorare le conseguenze sulla curva epidemica, per circoscrivere immediatamente i focolai se dovessero scoppiare». Teme una seconda ondata?
«Nuovi focolai, alcuni dall’aspetto pericoloso, a macchia di leopardo, li metto in conto. In Lombardia come nel resto d’Italia».
Siamo pronti a livello organizzativo alla Fase 2?
«Non del tutto. Le indicazioni ci sono, ma la loro applicazione è da verificare in corso. E sono ancora tante le questioni aperte».
Ad esempio?
«Ritengo fondamentale che le aziende sappiano le condizioni di salute dei lavoratori attraverso i test sierologico; scaglionare per fasce di età la ripresa, proteggendo i meno giovani; organizzare gli orari per far reggere il trasporto pubblico in sicurezza».
C’è chi sostiene che sia una ripartenza con il freno a mano tirato.
«È esattamente l’opposto. Non esiste minimamente la possibilità di un liberi tutti. Non voglio far paura, però…».
Che cosa?
«La probabilità di un’accensione del contagio è molto elevata. Mi spiego meglio. Stiamo aprendo i cancelli. Tenendo conto che ci sono soggetti positivi per settimane, e non sono stati effettuati i test per individuarli, c’è l’eventualità che l’epidemia riprenda».
Con il rischio di dover richiudere?
«Non penso un nuovo blocco del Paese, ma mini chiusure dolorose. Magari di aziende, settori economici o Comuni, stile zona rossa».
Un avvertimento ai cittadini?
«Non dobbiamo pensare che il peggio sia passato, che l’era del coronavirus sia chiusa.
Ma essere attentissimi, oppure ci sarà la ricaduta. E sarebbe drammatico il passo indietro anziché avanti».

Ultimo aggiornamento: Giovedì 30 Aprile 2020, 08:18
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