Milano, Ambrogino d'oro a chef La Mantia: «Quelle corse con i pasti caldi nei reparti dell’inferno Covid»

Ambrogino d'oro a chef La Mantia: «Quelle corse con i pasti caldi nei reparti dell’inferno Covid»

di Rita Vecchio

Filippo La Mantia è tra le 15 medaglie d’oro conferite il prossimo 7 dicembre, giorno di Sant’Ambrogio, dalla Commissione delle Civiche benemerenze del Comune di Milano. Il cuoco palermitano che negli ultimi sette anni proprio a Milano ha costruito il suo quartier generale, sarà premiato dal sindaco Beppe Sala. «Sono emozionato - racconta al telefono Filippo La Mantia che, dopo la chiusura del suo locale milanese “Oste e Cuoco”, sta curando la ristorazione dell’Hotel delle Palme a Palermo prima di riaprire prossimamente nella city - sono contento per questo storico riconoscimento».

«L’Ambrogino d’oro - onorificenza che in passato è stata data ad altri chef, Gualtiero Marchesi, Carlo Cracco, Massimo Bottura e Claudio Sadler - non ha premiato il cuoco La Mantia. Ma un percorso mio che porto avanti da anni».

Si spieghi.

«Mi sto distaccando da questo ruolo, chef o cuoco che sia, che tanti enfatizzano. È da trent’anni che mi occupo di carcerati, ospedali e poveri. Quello che ho fatto con il l’ospedale Niguarda di Milano durante il Covid è quello che avrei fatto per chiunque in un momento di difficoltà. Per me è stato normale».

È stato difficile?

«È stato strano. Ricordo quando a marzo 2020 l’amministratore del Niguarda mi chiamò per collaborare. C’era l’inferno negli ospedali e il deserto fuori.

Io scalpitavo. Volevo rendermi partecipe di un qualcosa che potesse aiutare. Ho fatto rientrare tutti i ragazzi della brigata, ho riaperto la cucina e ho iniziato a cucinare».

Anelletti al forno, cannoli, cassate.

«I piatti della mia Sicilia e della mia Palermo. Piatti che danno allegria. Piatti facili che hanno una storia. Avevo derrate e tantissima materia prima».

A chi dedica l’Ambrogino?

«A Gino Strada, il mio migliore amico. Lo incontrai al festival di Venezia e per me fu illuminante. Con lui andai in Sudan».

Milano le ha dato tanto, anche cucinare per la Prima della Scala.

«Milano è una città che gratifica. Non sono arrivato qui, nel 2014, per caso. A Roma vivevo bene e senza Roma non avrei potuto fare nulla, ma decisi di seguire il consiglio di chi mi diceva di spostarmi. Ho vissuto una Milano in pieno rilancio, alla vigilia dell’Expo, in un locale che richiamava la mia terra ma anche il tessuto urbano di una città architettonicamente presente e di design. Milano è stata, è e sarà ,la città dove mi sento davvero creativo. Qui ho ritrovato me stesso, le mie passioni, dal rock alla fotografia. E sono contento che a premiarmi ci sarà il sindaco Sala».

Quindi aprirà nuovi battenti a Milano?

«Presto. Prestissimo. Sono in trattativa per un posto davvero bello».


Ultimo aggiornamento: Lunedì 22 Novembre 2021, 09:28
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