Jordan Jeffrey Baby e il giallo del suicidio in carcere: «Dubbi sul fatto che sia stato un atto volontario»

La Procura di Pavia disporrà l'autopsia nelle indagini aperte sulla morte di Jordan Tinti, il trapper noto come Jordan Jeffrey Baby

Jordan Jeffrey Baby e il giallo del suicidio in carcere: «Dubbi sul fatto che sia stato un atto volontario»

di Redazione web

Sul caso di Jordan Tinti, il trapper di 27 anni morto suicida nel carcere di Pavia, il Garante nazionale dei detenuti sta assumendo in queste ore informazioni dettagliate. A quanto si apprende, il Garante punterà a verificare tutte le circostanze emerse. Tinti aveva già tentato il suicidio in passato e aveva confidato al suo avvocato di avere subito maltrattamenti e abusi in carcere da parte di altri detenuti.

Autopsia sul corpo del trapper

La Procura di Pavia disporrà l'autopsia nelle indagini aperte sulla morte di Jordan Tinti, il trapper noto come Jordan Jeffrey Baby, trovato impiccato ieri mattina in una cella del carcere pavese. Il legale del giovane, l'avvocato Federico Edoardo Pisani, che rappresenta ora anche il padre, incontrerà domani il pm titolare dell'inchiesta, Alberto Palermo. L'avvocato e il papà del 26enne chiedono «giustizia» e vogliono «sapere cosa è successo», anche perché, secondo il legale, ci sono pure «fondati dubbi che si sia trattato di un atto volontario».

I dubbi sul suicidio

E se di suicidio si è trattato, spiega ancora il legale, «bisogna chiedersi perché Jordan era ancora in carcere a Pavia, dopo che aveva denunciato di aver subito là maltrattamenti e abusi sessuali» da altri detenuti.

Per i maltrattamenti, chiarisce il legale, è imputato Gianmarco Fagà, altro trapper noto come Traffik e come Jordan condannato in primo grado a Monza per rapina aggravata dall'odio razziale (accusa riqualificata in violenza privata in appello). Fagà che nel primo periodo di detenzione era in carcere con Jordan e che per quei presunti maltrattamenti sarà processato a partire da venerdì prossimo a Pavia. «Il padre di Jordan sarà parte civile nel processo», ha spiegato l'avvocato.

Tinti aveva anche denunciato di essere stato vittima di violenza sessuale da parte di un altro detenuto. «Ci siamo opposti alla richiesta di archiviazione della Procura», ha detto il difensore. A novembre, poi, il magistrato di Sorveglianza, subito dopo che la pena era diventata definitiva, aveva concesso al 26enne l'affidamento terapeutico in una comunità, dopo che la difesa aveva evidenziato «gravi pregiudizi» per lui a stare ancora in carcere: aveva necessità di curarsi dalla tossicodipendenza e aveva subito violenze e maltrattamenti, tra l'altro denunciati. Il 2 marzo, però, il provvedimento provvisorio di affidamento è stato sospeso, perché «nella sua stanza hanno trovato un cellulare e sigarette» e il 26enne è tornato in carcere.


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Marzo 2024, 21:49
© RIPRODUZIONE RISERVATA