Carcere revocato agli altri due nigeriani
Il nigeriano, difeso dagli avvocati Simone Matraxia e Umberto Gramenzi, continua a respingere gli addebiti dal carcere di Ascoli Piceno, dov'è recluso e ora potrà chiedere anche un nuovo interrogatorio per 'convincere' il pm della sua innocenza. Abitava nella mansarda al civico 124, dove venne massacrata Pamela che si era allontanata il giorno prima dalla comunità Pars di Corridonia dove avrebbe dovuto superare problemi psicologici e di droga.
«Stordita con l'eroina e poi stuprata». Ma per il gip c'era un «clima amicale»
Pamela Mastropietro, l'intercettazione choc: «Fare a pezzi qualcuno? È un gioco da bambini»
Dopo aver chiesto la scarcerazione per le accuse relative alla morte di Pamela per gli altri due nigeriani indagati - Desmond Lucky e Lucky Awelima che però restano in carcere per spaccio di eroina - il procuratore Giovanni Giorgio conferma tutte le accuse per Oseghale: omicidio volontario aggravato, violenza sessuale aggravata, vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere. I genitori della ragazza - Stefano Mastropietro e Alessandra Verni, assistiti dallo zio di Pamela e avvocato di famiglia Marco Valerio Verni - sono indicati nell'avviso di chiusura indagini come parti offese.
Secondo l'accusa (anche se la tesi è stata respinta dal gip e poi dal Riesame), Oseghale uccise la giovane nel contesto di uno stupro. La 18enne, ricostruisce la Procura, assunse eroina per via endovenosa in presenza del 29enne che gliel'avrebbe procurata tramite Desmond Lucky. Approfittando della condizione d'inferiorità psichica della ragazza, stordita dalla droga, per gli inquirenti l'avrebbe percossa con un corpo contundente o sbattuta su un oggetto smussato, per costringerla a subire rapporti sessuali di vario tipo. Infine, ritiene la Procura, la colpì «reiteratamente» con un'arma da punta e da taglio in corrispondenza del fegato, causandone la morte.
Lo scempio compiuto «con grossi strumenti da taglio» sul corpo della povera Pamela, smembrato e mutilato, per l'accusa sarebbe stato il modo in cui il nigeriano avrebbe voluto agevolarne la sparizione, ma soprattutto «cancellare ogni eventuale prova di contatti fisici» con lei.
Poi Oseghale chiamò un 'tassista' camerunense, estraneo alla vicenda, per farsi accompagnare a Pollenza: gettò i due trolley contenenti il cadavere dietro una cunetta, dove poi vennero ritrovati la mattina seguente.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 13 Giugno 2018, 19:48
© RIPRODUZIONE RISERVATA