Alessia, in carcere per un post: «Appoggio le donne dell’Iran». Si muove la Farnesina

Alessia, in carcere per un post: «Appoggio le donne dell’Iran». Si muove la Farnesina

di Giammarco Oberto

Alessia è da qualche parte, in Iran, forse a Teheran. Impossibile essere più precisi, per ora. Alessia Piperno, travel blogger romana di 30 anni, si trova in una delle carceri della Repubblica islamica, traboccanti di giovani manifestanti arrestati durante le manifestazioni di piazza che da 17 giorni stanno bloccando il Paese e hanno scatenato la violenta repressione del regime. Le sue tracce si sono perse lo scorso 28 settembre, giorno del suo compleanno, che stava festeggiando a Teheran. Domenica mattina, dopo quattro giorni di silenzio assoluto, proprio mentre i genitori allarmati stavano per mettersi in contatto con la Farnesina, a casa Piperno - i genitori hanno una libreria al Tuscolano - è arrivata una telefonata. Era lei, in lacrime: «Vi prego, aiutatemi».

Lo ha raccontato il papà Alberto in un post su facebook, poi rimosso. «Era stata arrestata insieme a dei suoi amici mentre si accingeva a festeggiare il suo compleanno». «Siamo molto preoccupati», ha ripetuto il papà ieri mattina mentre dalla Farnesina si attivavano tutte le procedure del caso. Dopo quell’unica breve telefonata, non ci sono più stati contatti. Non è escluso al momento che la ragazza romana sia tra i fermati di qualche giorno fa, quando dall’Iran arrivava la notizia degli arresti di alcuni manifestanti, tra cui anche alcuni stranieri.

Travel blogger da sei anni, Alessia Piperno era arrivata in Iran due mesi e mezzo fa, insieme con un gruppo di turisti, tra cui un polacco, un francese e un altro italiano.

Più volte nei suoi post ha sposato la causa della piazza, raccontando anche la paura di essere coinvolta nei tumulti. In uno dei suoi ultimi post ricordava la ragazza uccisa dalla polizia morale perché indossava male il velo: «Mahsa Amini sarei potuta essere io, o la mia amica Hanieh, o una di quelle donne che ho incontrato durante questo viaggio. Hijab in Iran non è sinonimo di religione, bensì è sinonimo di governo». La «decisione più saggia» - diceva - sarebbe quella di lasciare il Paese ma «non riesco ad andarmene da qui, ora più che mai. E non lo faccio per sfidare la sorte ma perché anche io ora sono parte di tutto questo». A Teheran si era creata un giro di amici, e con loro mercoledì scorso aveva festeggiato il suo trentesimo compleanno. Poi il buio: telefono spento, nessuna interazione su internet. E l’incubo della famiglia è cominciato.


Ultimo aggiornamento: Martedì 4 Ottobre 2022, 06:00
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