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Elisa, da 12 anni in stato vegetativo. Il papà: "Non voglio show tv, ma solo che abbia una dolce morte"
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di Maurizio Dianese
MESTRE - «No, non me la sento di andare in tv. Vorrei che il caso di mia figlia Elisa fosse discusso dai professionisti, medici, avvocati, giudici, parlamentari e non da me che non ho alcuna competenza. Chiede solo, a chi può fare le leggi, di mettersi nei panni di un padre che vede morire lentamente sua figlia, in una agonia infinita. Io ho sollevato il problema, ma non mi si può chiedere di trasformare il caso di mia figlia in un fenomeno da baraccone». Così al Gazzettino Giuseppe P, il papà di Elisa, la 46enne che è in stato vegetativo irreversibile da quasi 12 anni, il quale non se l'è sentita di andare in televisione a parlare del suo caso.
Il papà di Elisa si è scusato con i giornalisti, ma ci tiene a ribadire che non vuole sollevare un polverone, vorrebbe una discussione seria perché gli pare semplicemente inverosimile che nessuno si occupi di risolvere i problemi di tante persone come sua figlia che vivono una agonia perenne, alleviata solo dai farmaci, dalle cure di medici e infermieri e dall'assistenza continua dei familiari. Lui chiede che si stacchi la spina di Elisa, che le si dia una morte dignitosa «dal momento che quella che fa non è una vita dignitosa». Nutrita con un sondino, non vede, non sente, non parla. Non riconosce nessuno, semplicemente non sa di essere al mondo. È una vita vegetale, hanno sentenziato i medici, con cruda ferocia linguistica.
«Ma come mia figlia - ragiona Giuseppe P. - ce ne sono altre decine, tutte nelle stesse condizioni: non possono migliorare, non possono guarire, possono solo morire e allora perché le si tiene in queste condizioni?».
Giuseppe P. si chiede per quale motivo i nostri parlamentari non approvino una legge umanitaria. E d'accordo che la salute non ha prezzo ragiona il papà di Elisa - ma perché «si buttano al vento 4 mila e 500 euro al mese, cioè 50 mila ogni anno per ogni persona assistita, mettendo in difficoltà le casse delle Ulss e delle stesse famiglie? Che senso ha, visto che non c'è alcuna speranza e queste cure nulla hanno a che fare con la salute delle persone?».
Elisa P. oggi ha 46 anni. Il 22 febbraio 2006, l'auto nella quale viaggiava è finita contro il guard rail. Il suo fidanzato se l'è cavata con qualche frattura, per lei invece è scattato il momento dell'agonia infinita. All'ospedale di Mestre le hanno salvato la vita, ma una parte di cervello è andata perduta nello schianto dell'auto guidata dal fidanzato il quale, per il rimorso, si è tolto la vita.
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