Elisa, da 12 anni in stato vegetativo. Il papà: "Non voglio show tv, ma solo che abbia una dolce morte"
di Maurizio Dianese
Il papà di Elisa si è scusato con i giornalisti, ma ci tiene a ribadire che non vuole sollevare un polverone, vorrebbe una discussione seria perché gli pare semplicemente inverosimile che nessuno si occupi di risolvere i problemi di tante persone come sua figlia che vivono una agonia perenne, alleviata solo dai farmaci, dalle cure di medici e infermieri e dall'assistenza continua dei familiari. Lui chiede che si stacchi la spina di Elisa, che le si dia una morte dignitosa «dal momento che quella che fa non è una vita dignitosa». Nutrita con un sondino, non vede, non sente, non parla. Non riconosce nessuno, semplicemente non sa di essere al mondo. È una vita vegetale, hanno sentenziato i medici, con cruda ferocia linguistica.
«Ma come mia figlia - ragiona Giuseppe P. - ce ne sono altre decine, tutte nelle stesse condizioni: non possono migliorare, non possono guarire, possono solo morire e allora perché le si tiene in queste condizioni?».
Giuseppe P. si chiede per quale motivo i nostri parlamentari non approvino una legge umanitaria. E d'accordo che la salute non ha prezzo ragiona il papà di Elisa - ma perché «si buttano al vento 4 mila e 500 euro al mese, cioè 50 mila ogni anno per ogni persona assistita, mettendo in difficoltà le casse delle Ulss e delle stesse famiglie? Che senso ha, visto che non c'è alcuna speranza e queste cure nulla hanno a che fare con la salute delle persone?».
Elisa P. oggi ha 46 anni. Il 22 febbraio 2006, l'auto nella quale viaggiava è finita contro il guard rail. Il suo fidanzato se l'è cavata con qualche frattura, per lei invece è scattato il momento dell'agonia infinita. All'ospedale di Mestre le hanno salvato la vita, ma una parte di cervello è andata perduta nello schianto dell'auto guidata dal fidanzato il quale, per il rimorso, si è tolto la vita.
Il padre oggi è l'unico sopravvissuto di tutta la famiglia di Elisa. Ieri si è messa in contatto con lui Filomena Gallo, segretario nazionale dell'associazione Luca Coscioni che si batte da anni per il testamento biologico e per l'eutanasia. L'Associazione è intenzionata ad offrire assistenza legale, ma chiede anche l'apertura di una indagine parlamentare per sapere esattamente quante persone in Italia si trovano in queste condizioni di stato vegetativo irreversibile: «Se fosse approvata la legge che è in discussione in questo periodo in questo momento, casi come quelli di Elisa sarebbero immediatamente risolti». La dottoressa Giovanna Zanini, presidente del Comitato bioetico dell'Ulss 3 spiega che «il Comitato è a disposizione dei pazienti e dei familiari, ma anche dei medici, di coloro cioè che chiedono una valutazione sul percorso di cura, anche nei casi di fine vita. Il Comitato che sul caso specifico non è ancora stato consultato esprime un parere specifico, elaborato caso per caso, di tipo consultivo, come indicazione e sostegno alle scelte che restano poi affidate ai medici che hanno in cura il paziente».
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 26 Luglio 2017, 14:54
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