Emanuele Scieri, tre indagati dopo 19 anni. Chi l'ha Visto: «Se lo avessero soccorso sarebbe ancora vivo»

Emanuele Scieri, tre indagati dopo 19 anni. Chi l'ha Visto: «Se lo avessero soccorso sarebbe ancora vivo»

di Silvia Natella
Era l'agosto del 1999 quando il cadavere di Emanuele Scieri, aspirante paracadutista in servizio a Pisa, fu ritrovato in una discarica dopo essere precipitato giorni prima da una scala. Il caso fu archiviato perché i vertici militari sostennero che, essendo leggermente in sovrappeso, stava facendo ginnastica e qualcosa era andato storto. La famiglia non si è arresa e ha chiesto la riapertura del caso. Chi l'ha Visto? ripercorre la vicenda facendo luce su cosa ha spinto a indagare su tre ex commilitoni. L'ipotesi è che Scieri sia stato costretto a salire sulla scala, sia caduto e sia stato lasciato agonizzante per terra. E tutto per nonnismo. 

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In caserma, infatti, non erano inusuali episodi ai danni di reclute e matricole. «Quello che è successo quest'anno è quello che sarebbe dovuto succedere 19 anni fa», dice il fratello del ragazzo alla trasmissione di Rai Tre. Solo mesi fa, infatti, il caso è arrivato in Parlamento e la commissione d'inchiesta si è avvalsa di un gruppo di periti che hanno analizzato le ferite del corpo giudicandole incompatibili con la caduta. Scieri sarebbe stato malmenato e costretto ad arrampicarsi sulla scala prima della caduta.


Una delle scarpe, inoltre, sarebbe stata trovata distante dal luogo della caduta, tolta molto prima. Secondo la ricostruzione dei periti della commissione, sarebbe stato obbligato a salire dalla parte esterna della scala, quella senza protezione, mentre qualcun'altro era dall'altra parte a pestargli i piedi facendolo precipitare. La situazione si aggrava quando emerge un'altra verità: Scieri non è morto subito, ma è rimasto sul suolo moribondo. Se lo avessero soccorso sarebbe sopravvissuto, ma non lo hanno fatto per eliminare un testimone scomodo.

I tre indagati sono Alessandro Panella, Luigi Zabara e Andrea Antico. Per uno di loro sono stati chiesti e ottenuti gli arresti domiciliari perché si teme possa andare in America, dove ha la cittadinanza. Tra le prove, un'intercettazione in cui Panella dice al fratello: «Se davvero riescono a incastrarmi resto dentro». C'è anche la testimonianza di un commilitone che racconta che la notte del 13 agosto, quando ancora non era stato scoperto il corpo, aveva visto Panella e gli altri dire di averla fatta grossa e che qualcuno era caduto. «I tre erano in uno stato d'agitazione in cui non li avevo mai visti. Mi fecero il gesto di stare zitto e mi minacciarono 'se parli ti ammazzo'», ha detto il testimone. L'altro indagato ha anche scritto un libro in cui si legge «Quando commettiamo un errore irreversibile la nostra coscienza ci tiene prigionieri». 
 
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 28 Novembre 2018, 22:40
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