Bambino di 4 anni in stato vegetativo dopo aver mangiato un pezzo di formaggio, a processo la pediatra. Premiato il caseificio

Il piccolo ha contratto la Seu a causa dell'Escherichia coli con cui era contaminato il cibo

Bambino di 4 anni in stato vegetativo dopo aver mangiato un pezzo di formaggio, a processo la pediatra. Premiato il caseificio

di Redazione web

La vicenda del bambino trentino caduto in stato vegetativo dopo aver ingerito un pezzo di formaggio contaminato da Escherichia coli, ha toccato il cuore di molti. A distanza di anni da quel tragico evento del 5 giugno 2017, la battaglia legale intrapresa dai genitori non si ferma. Recentemente si è concluso un nuovo capitolo, con la condanna dell'ex presidente del caseificio sociale di Coredo, Lorenzo Biasi, e del casaro Gianluca Fornasari, accusati di lesioni gravissime, a una multa di quasi 2.478 euro. Una sanzione che, sebbene possa apparire modesta di fronte all'immensità della tragedia, rappresenta per la famiglia un passo importante per assicurare che simili tragedie non si ripetano.

La pediatra

Il cuore della questione giudiziaria, scrive il Corriere della Sera, si è spostato ora sulla figura di una pediatra dell'ospedale Santa Chiara di Trento, rinviata a giudizio con l'accusa di lesioni e rifiuto di atti d'ufficio. La dottoressa, rappresentata dall'avvocata Monica Baggia, dovrà difendersi da accuse gravi: aver ritardato la diagnosi e quindi il trattamento della malattia di Seu del bambino, un ritardo che ha avuto conseguenze devastanti sulla salute del bambino.

Il riconoscimento al caseificio

La famiglia Maestri, che si è costituita parte civile chiedendo oltre un milione di euro di danni, sottolinea che la loro battaglia non è motivata da ragioni economiche, ma da un desiderio profondo di giustizia per il figlio. Che al momento si sentono di non aver ricevuto: di recente il caseificio sociale di Coredo doveva avevano acquistato il formaggio incriminato, ha ricevuto un marchio di qualità nonostante la tragedia. «È vergognoso, mio figlio ha contratto l’Escherichia coli perché usavano un tubo per il trasferimento del latte sporco», ha commentato indignato Giovanni Battista Maestri, il papà del bambino.

La storia del piccolo M. M. che da anni è in stato vegetativo a causa di un solo pezzo di formaggio prodotto con latte crudo, e la lunga e dolorosa battaglia dei genitori ha commosso tutto il Trentino. A dicembre l’ex presidente del caseificio sociale di Coredo, Lorenzo Biasi, e il casaro Gianluca Fornasari, accusati di lesioni gravissime, sono stati condannati dal giudice di pace e pagare una multa di poco meno di 2.478 euro. Una sanzione contenuta, rispetto al terribile dramma, ma importante per la famiglia del bambino «perché tragedie simili non devono ripetersi», hanno sottolineato gli avvocati Paolo Chiariello e Monica Cappello.

Pediatra rinviata a giudizio

La battaglia legale non è ancora finita.

Il gup Enrico Borrelli ha infatti rinviato a giudizio una pediatra dell’ospedale Santa Chiara di Trento accusata di lesioni e rifiuto di atti d’ufficio. La dirigente medico, rappresentata dall’avvocata Monica Baggia, si difenderà in un processo dibattimentale. L’udienza è stata fissata per il 24 aprile. Secondo la ricostruzione della pm Maria Colpani la dottoressa si sarebbe rifiutata di visitare il piccolo all’ospedale Santa Chiara di Trento in gravissime condizioni nonostante la richiesta di una collega e questo avrebbe causato un ritardo nella diagnosi della malattia di Seu, scoperta solo tre giorni dopo, e quindi nell’inizio della terapia.

La vicenda

Era il 5 giugno 2017. Quante volte il papà Gian Battista Maestri avrà pensato con angoscia a quelle terribili ore e a quel pezzo di formaggio «Due Laghi», prodotto con latte crudo, che ha cambiato drasticamente le loro vite. Il piccolo, che all’epoca aveva solo quattro anni, dopo il primo malessere era stato accompagnato all’ospedale di Cles dove era rimasto alcune ore in osservazione, poi i medici, che avevano subito capito la gravità della situazione, avevano trasferito il bambino all’ospedale S. Chiara. Ma la dottoressa incaricata di valutare il caso del piccolo M. M. si sarebbe rifiutata di visitarlo, nonostante la richiesta di un collega. Da qui l’accusa.
La famiglia si è costituita parte civile attraverso gli avvocati Chiariello e Cappello e chiede oltre un milione di euro di danni per il piccolo e qualche centinaia di migliaia di euro per il padre per la perdita del rapporto con il figlioletto. Ma non sono i soldi ad interessare, Maestri cerca solo giustizia per suo figlio. Nessuna cifra potrà mai restituire quanto è stato tolto al bimbo e alla sua famiglia e ogni volta che il papà guarda e abbraccia il bambino viene travolto da un senso di impotenza, ma continua a combattere perché «nessun altro bimbo dovrà soffrire come lui».

Il riconoscimento al caseificio

L’indagine sulla pediatra è una costola del filone principale che ha portato alla condanna del caseificio. La Procura si era mossa nel 2017 dopo il sequestro da parte dei carabinieri del Nas del formaggio contaminato dal batterio escherichia coli che ha causato l’infezione. Un dramma difficile da dimenticare, ma qualcuno lo avrebbe fatto. Al caseificio, dove la famiglia Maestri aveva acquistato il formaggio contaminato, è stato infatti conferito il marchio di qualità per un prodotto. Nei giorni scorsi, alla presenza dell’assessora Giulia Zanotelli, c’è stato il taglio del formaggio «Val di Non Fresco Formaggio Nostrano», il primo prodotto agroalimentare a marchio Val di Non, prodotto proprio nel caseificio sociale di Coredo. Un riconoscimento che ha indignato la famiglia Maestri: «È vergognoso, mio figlio ha contratto l’Escherichia coli perché usavano un tubo per il trasferimento del latte sporco».


Ultimo aggiornamento: Domenica 17 Marzo 2024, 16:39
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