Covid, addio al bollettino quotidiano? L'appello di Vaia: «Crea solo angoscia». Lopalco: «Sia solo settimanale»

L'appello di Vaia: basta bollettino e cambiare il conteggio dei morti. "Non è semplice, ma dobbiamo provarci"

Covid, addio al bollettino quotidiano? L'appello di Vaia: «Crea solo angoscia». Lopalco: «Sia solo settimanale»

di Domenico Zurlo

Covid, presto diremo addio al bollettino quotidiano? Sono passati quasi mille giorni, precisamente 966 da quel 2 marzo 2020 in cui il Ministero della Salute comunicò per la prima volta - in conferenza stampa con l'allora capo della Protezione Civile Angelo Borrelli - tutti i numeri sui contagiati, i guariti e i decessi da Covid-19. Ora, quasi mille giorni dopo, sembra passata un'eternità, ma quei bollettini non si sono mai fermati: qualcuno però propone di eliminarli, perché ormai «non hanno più senso».

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«Basta con i bollettini Covid quotidiani»

La richiesta arriva da due dei massimi esperti in prima linea contro la pandemia, il direttore dello Spallanzani Francesco Vaia, e di riflesso l'epidemiologo pugliese Pier Luigi Lopalco. Vaia, in un'intervista a Libero, lancia l'appello: «Basta col bollettino dei morti di Covid», dice. L'aumento dei decessi «non mi preoccupa affatto. In questo momento non vi sono assolutamente elementi di allarme, con buona pace di chi continua a terrorizzare e a profetizzare sciagure, facendo un danno incalcolabile al Paese, soprattutto ai più giovani». «Sono d'accordo che divulgare il bollettino quotidiano Covid dei decessi ha poco senso. La sorveglianza del virus deve comunque proseguire in modo accurato. Una buona alternativa potrebbe essere la sola pubblicazione di un bollettino settimanale di tutti i dati», rincara la dose Lopalco, docente di Igiene all'Università del Salento.

Vaia: «Cambiare il conteggio dei morti»

«La curva dei casi - dice ancora Vaia nell'intervista a Libero - indica che l'ondata sostenuta dalla variante Omicron Ba.5, predominante, è ancora in corso, ma non si assiste a un impatto significativo in termini di malattia grave.

Nello stesso periodo dell'anno scorso, quando eravamo in piena ondata Delta, tutti gli indicatori di malattia grave (ospedalizzazioni, terapie intensive) erano più elevati. Non ci sono neppure segnali di forte pressione sulle strutture sanitarie, come in altri periodi della pandemia». Questa fase, continua Vaia, «interessa una popolazione più anziana di circa dieci anni rispetto al 2021 e più affetta da patologie concomitanti. La malattia grave la vediamo ormai quasi esclusivamente in chi ha rilevanti fattori di rischio, nei fragili e negli anziani. E molto spesso, vorrei sottolineare, si tratta di persone la cui gravità clinica non è determinata tanto dal Covid, ma più dal loro quadro morboso di base».

Per il direttore dello Spallanzani «è tempo di fare una analisi coraggiosa. In Scozia l'hanno fatto, ad esempio, ed è stato stimato che circa la metà delle morti in persone infettate dalla variante Omicron non fosse dovuta a Covid». Serve conteggiare diversamente i decessi. «Non è semplice, ma dobbiamo provarci. Il bollettino quotidiano con quel tipo di dati, che oggi sono per forza di cose poco precisi nel delineare il quadro clinico reale, va eliminato. A cosa serve, siamo onesti, se non a mantenere quello stato di angoscia che tanti guasti ha procurato? Pensiamo al tasso di suicidi, che è aumentato in maniera davvero preoccupante, soprattutto nei giovani. Lo dico chiaramente: chi ritiene che questa comunicazione vada mantenuta fa tanto male al Paese».


Ultimo aggiornamento: Martedì 25 Ottobre 2022, 21:59
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