Roma, l'ex Prohaska: «Il Salisburgo si batte ma bisogna essere più cattivi sotto porta»

L'ex nazionale austriaco e campione d'Italia con i giallorossi nel 1983 parla del ritorno di Europa League di domani sera contro il Salisburgo

Roma, l'ex Prohaska: «Il Salisburgo si batte ma bisogna essere più cattivi sotto porta»

di Francesco Balzani

Ha giocato solo una stagione a Roma ma verrà ricordato per sempre essendo stato tra i protagonisti dello scudetto del 1983. Herbert Prohaska, 67 anni, detto Schneckerl per via della capigliatura lunga e riccia e poi “lumachina”, è stato il giocatore austriaco più forte che abbia mai giocato in Italia (Inter e appunto Roma) nonché il primo straniero ad arrivare dopo la riapertura delle frontiere bloccate dal 1966 al 1980. La vita però l’ha passata nell’Austria Vienna dove è diventato una leggende. Avrebbe dovuto fare il meccanico poi il papà, manovale appassionato di calcio, ha notato le sue doti e la sua vita è cambiata. 


Ma perché la chiamavano Lumachina? 
«Non perché ero lento. Questa storia nasce dal fatto che il mio soprannome in Austria era riferito ai miei riccioli, ma in Italia si pensava significasse lumaca e così è andata di moda questa diceria. Ci sono stati giocatori più veloci di me, ma io ero rapido soprattutto col pallone tra i piedi».  


Giovedì sera la Roma affronta il Salisburgo che corre parecchio col pallone tra i piedi.
«E’ vero, è una squadra che abbina valori tecnici a grande intensità fisica. Ormai sono i padroni in Austria, hanno uno scouting e un settore giovanile da far invidia al mondo. Detto ciò la Roma è superiore e nonostante il risultato l’ha dimostrato pure all’andata dove meritava di più. Bisogna solo essere più cattivi sotto porta». 


Mourinho è il valore aggiunto? 
«Assolutamente sì.

Lui è perfetto per l’Italia, chi lo critica per il gioco non ha capito niente del suo modo di fare. Per lui conta il risultato, è un maestro in questo. Semmai oggi a Roma gli manca altro». 


Cosa? 
«Di sicuro non l’affetto della gente, quello è senza eguali. La proprietà deve fargli una squadra con più campioni. Prendere Mou e non fare una grande squadra è un controsenso. Dybala di certo lo è, ma non basta. A centrocampo manca uno come Nainggolan o De Rossi» 


Ai suoi tempi in serie A c’erano molti più campioni… 
«Era il top del mondo. Io sono stato il primo straniero a tornare dopo oltre 15 anni. A Milano ero uno straniero in mezzo a 25 italiani. Ora magari ci sono tre italiani, tutti stranieri e un proprietario americano o cinese». 


Poi l’arrivo a Roma e quello scudetto.
«Fu memorabile, quei festeggiamenti e quei tifosi resteranno per sempre nel mio cuore. La squadra era fortissima e avevamo capito subito che nessuno era meglio di noi, Falcao era il Totti del Brasile e a centrocampo insieme a noi due c’era un certo Ancelotti. Ma il 50% di quello scudetto appartiene a Liedholm. E’ il più forte allenatore che abbia mai avuto».


Eppure dicono che andò via dopo una pallonata tirata in faccia al Barone. 
«E’ una cazzata. O meglio l’ho colpito davvero ma lui, anche con un occhio gonfio, mi trattò come sempre. La mia cessione era dovuta al fatto che Falcao trovò un nuovo accordo e il presidente Viola aveva già preso Cerezo. C’era posto solo per due stranieri. Fu un colpo durissimo».

 
Quindi tiferà Roma stasera? 
«L’Austria è casa mia, ma come si fa a non tifare Roma in quello stadio così pieno?».
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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 22 Febbraio 2023, 21:26

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