Rugby, il mondo ovale è del Sudafrica: campione per la 4 volta record, All Blacks ko 12-11. Il capitano Kolisi: «Così uniamo il paese arcobaleno»

Remake della finale del 1995 con cui Nelson Mandela costruì il nuovo Sudafrica uscito dall'apartheid

Il mondo ovale è del Sudafrica: campione per la 4 volta record, All Blacks ko 12-11 Il capitano: «Così uniamo il paese Arcobaleno»

di Paolo Ricci Bitti

Le lacrime di gioia di Kolbe e le lacrime amare di Beauden Barrett si mischiano alle gocce di pioggia di Parigi, ovvero Sudafrica di nuovo campione del Mondo di rugby. Allo Stade de France batte 12-11 i favoriti All Blacks e diventa la prima squadra a vincere 4 Coppe, per di più in appena 8 edizioni mentre ai rivali storici della Nuova Zelanda ne sono servite 10 per conquistarne 3. La partita del secolo, perché chissà quanto tempo ci vorrà per un’altra finale mondiale con squadre a questo livello di palmares e la partita del secolo anche per la tensione ancora più esasperata, nonostante gli Springboks ci abbiamo abituato a vincere queste partite di appena un punto: gli ultimi tre match (prima era capitato contro Francia e Inghilterra) la squadra del capitano Kolisi li ha portati a casa con questo divario che più minimo non si può, per cuori forti.


GIALLO
Non è stata tuttavia la partita del secolo per la qualità del gioco, ampiamente sotto le attese nonostante le finali si incaglino spesso fra gli scogli del nervosismo che lega le gambe e le idee. E poi la questione della disciplina: quattro cartellini gialli di cui uno trasformato in rosso, quello che ha tolto di mezzo il capitano neozelandese Sam Cane già al 28’. Puniti anche il Black Frizell (che ha messo fuori uso il tallonatore Mbonambi) e i Boks Kolisi e Kolbe ovvero partita per metà giocata a ranghi incompleti e con la crescente sensazione che tra arbitro, Tmo e bunker (la supermoviola affidata a un arbitro di cui non è resa nota l’identità) si stia esagerando: l’incolumità dei giocatori viene prima di tutto, ma poi se adesso giocano giganti che vanno a mille all’ora non è proprio facile evitare certe collisioni.

Ancora una volta. come nel 2019, ha trionfato la strategia sopraffina dei ct del Sudafrica (da Erasmus a Nienaber e ritorno) che hanno bluffato esibendo l’arrembante Bomb Squad (7 omoni da mischia su 8 cambi disponibili) per poi invece giocare di rimessa in una serata con l’ovale viscido per la pioggia. I Boks campioni in carica hanno manovrato 83 palloni contro i 148 dei neozelandesi e hanno placcato 209 volte rispetto alle 93 degli All Blacks, ma alla fine hanno vinto mettendo sulla scacchiera solo 4 calci piazzati di Pollard e tutti nel primo tempo. Al the, davanti a 82mila fedeli, in gran parte francesi pro Nuova Zelanda, si è arrivati su 12-6 perché gli Al Blacks ridotti in 14 avevano potuto opporre agli storici rivali sono 2 penalty di Mo’unga, oltre a sfiancarsi per recuperare tutti i palloni aerei calciati da Pollard e De Klerk.

Il Sudafrica con Kolisi ha mancato una stellare occasione da meta in avvio di ripresa sprecando un “due contro uno” da Abc del rugby, poi però sono cresciuti gli All Blacks segnando due mete magistrali: la prima con Smith, annullata dal Tmo per un in avanti millimetrico di Savea, e poi con Bauden Barrett: 12-11 al 58’. Insomma, i “tutti neri” in partita anche in inferiorità numerica. Ondata su ondata, la marea nera ha minacciato l’accampamento dei Boks, ma con questa squadra temprata alle finali (in campo 10 dei campioni Boks del 2019 in Giappone) c’è stato poco da fare. Pur non segnando nemmeno un punto nel secondo tempo, grazie alla muraglia umana Du Toit (28 placcaggi!), i sudafricani hanno resistito alle poderose cariche di Savea e Whitelock. 
L’arbitro inglese Barnes ha fischiato la fine e lassù anche Mandela e Tutu hanno esultato per questa squadra che davvero rappresenta le 13 etnie del paese arcobaleno. Il presidente Cyril Ramaphosa, accolto in tribuna da Macron, non ha tuttavia avuto il coraggio visionario del suo mentore Mandela che nel 1995 aveva indossato la maglia numero 6 del capitano Pienaar prima del match a Jo’burg contro gli stessi favoriti All Blacks. Lui ieri sera se l’è messa alla fine per la premiazione.

I commenti

"Immagino che come squadra ci piacciano i drammi", ha detto Pieter-Steph du Toit, Mvp che ha effettuato 28 placcaggi, un'enormità. "Le ultime tre partite sono state piuttosto dure. Abbiamo giocato ognuna come una finale e ognuna è stata vinta per un punto: una squadra resiliente".

Il capitano del Sud Africa Siya Kolisi ha reso l'onore delle armi alla  Nuova Zelanda: "Ci hanno impegnati fino alla fine portandoci in una zona oscura, ci hanno tolto sicurezza combattendo così a lungo in inferiorità numerica. E per noi non è stato facile perdere (per infortunio) il tallonatore (Bongi Mbonambi) già al secondo minuto".

E ancora: "Quelo che ha fatto questa squadra è merito di tutti i sudafricani, dai bambini agli anziani. E tutti in sudafrica, a casa e sul luogo di lavoro, possono comportarsi con questa determinazione di squadra, di persone unite per il bene della propria famiglia e del paese". Forse non sbaglia chie ha già vaticinato che lui diventerà presidente del Sudafrica.

"Penso che l'esperienza li abbia aiutati", ha detto l'allenatore degli Springboks, Jacques Nienaber, dei suoi giocatori. "E' un gruppo di ragazzi straordinari, sono tutti guerrieri e amano tutti così profondamente il ​​Sudafrica".

"Sono orgoglioso dei nostri ragazzi", ha replicato l'allenatore (uscente) della Nuova Zelanda, Ian Foster. "Restare in partita fino alla fine dopo quel cartellino rosso iniziale è stato davvero speciale anche se arrivare così vicino alla vittoria e poi mancarla resta straziante. Dobbiamo dare credito al Sudafrica, è una squadra di qualità. Hanno ottenuto alcune vittorie ravvicinate in questo torneo e sono di una classe speciale. Speciali loro, ma doloroso per noi".

Il capitano neozelandese Sam Cane: "Sono  estremamente deluso, i  ragazzi hanno dovuto giocare in 14 per oltre 50. Il coraggio da guerrieri che hanno mostrato è stato incredibile. Complimentin comunque anche al Sud Africa: ha avuto un percorso davvero duro per arrivare alla Finale e ha dimostrato più e più volte di avere la capacità di imporsi".

Marcatori

Nuova Zelanda: 1 m. B.Barrett 58’; 2 c.p. 16’ 36’ Mo’unga

Sudafrica: 4 c.p. 2’ 11’ 19’ 33’ Pollard

Le formazioni

Nuova Zelanda: 15 Beauden Barrett, 14 Will Jordan, 13 Rieko Ioane, 12 Jordie Barrett, 11 Mark Telea, 10 Richie Mo’unga, 9 Aaron Smith, 8 Ardie Savea, 7 Sam Cane (cap.), 6 Shannon Frizell, 5 Scott Barrett, 4 Brodie Retallick, 3 Tyrel Lomax, 2 Codie Taylor, 1 Ethan de Groot
A disp. 16 Samisoni Taukei’aho, 17 Tamaiti Williams, 18 Nepo Laulala, 19 Sam Whitelock, 20 Dalton Papali’i, 21 Finlay Christie, 22 Damian McKenzie, 23 Anton Lienert-Brown

all.

Ian Foster

Sudafrica: 15 Damian Willemse, 14 Kurt-Lee Arendse, 13 Jesse Kriel, 12 Damian de Allende, 11 Cheslin Kolbe, 10 Handré Pollard, 9 Faf de Klerk, 8 Duane Vermeulen, 7 Pieter-Steph du Toit, 6 Siya Kolisi (cap.), 5 Franco Mostert, 4 Eben Etzebeth, 3 Frans Malherbe, 2 Bongi Mbonambi, 1 Steven Kitshoff
A disp. 16 Deon Fourie, 17 Ox Nche, 18 Trevor Nyakane, 19 Jean Kleyn, 20 RG Snyman, 21 Kwagga Smith, 22 Jasper Wiese, 23 Willie le Roux

All. J.Nienaber, R.Erasmus

Arbitro: Wayne Barnes (Inghilterra)
Assistanti: Karl Dickson e Matthew Carley (Inghilterra)
TMO: Tom Foley (Inghilterra)

Venerdì sera finale per il terzo posto a Parigi: Inghilterra-Argentina 26-23

L'attesa

La partita del Secolo? La finale del Millennio? E quando ricapiterà una sfida mondiale come quella di oggi allo Stade de France di Parigi Saint-Denis che mette di fronte le nazionali che hanno vinto 3 coppe del mondo ciascuna (sulle 9 disputate) e che rappresentano la principale immagine identitaria dei loro paesi? Nuova Zelanda contro Sudafrica, All Blacks contro Springboks, le due ex colonie che fin dalla fine dell’Ottocento le hanno suonate agli allora padroni inglesi. È cosa loro il rugby, inventato proprio dai dominatori britannici, quando si arriva ai massimi livelli. I contenuti tecnici di una finale così sono colossali: avete visto le inaudite velocità, potenza ed eleganza di Boks e “Tutti Neri”, ma il gioco in sé diventa ben poca cosa rispetto ai significati storici e politici di questo confronto. 


QUANDO LA STORIA CAMBIÒ
La finale odierna è il primo remake di quella del 24 giugno 1995 all'Ellis Park di Jo'burg: Nelson Mandela contro 4 milioni di bianchi e 44 milioni di neri suoi connazionali che, grazie al rugby fino a quel giorno totem solo della minoranza boera-britannica, dovevano imparare a convivere in pace con uguali diritti e doveri dopo l’abominio dell’apartheid. «Il momento cruciale nella lunga lotta per la democrazia del paese (leader del continente africano, ndr) è avvenuto in quello stadio» è scritto da allora nei libri di storia, eclissando vicende sportive di disgelo geopolitico come il ping pong di Nixon in Cina nel 1972 e Usa-Urss di hockey ai Giochi 1980. 


La partita, allora, dopo aver ricordato che il Sudafrica ha vinto 3 finali su 3, mentre la Nuova Zelanda ha conquistato 4 finali perdendone appunto una, quella contro i sudafricani nel 1995. Da quel giugno 1995 le due nazionali non si sono più affrontate nell'ultimo atto dei mondiali.

Di un grammo sono oggi favoriti gli All Blacks, più riposati, più talentuosi, più ricchi di soluzioni tattiche. Lo erano, favoriti, anche 28 anni fa, ma assai più pesantemente: 118 chilogrammi, tutti muscoli, di Jonah Lomu, il neozelandese-tongano che ha costretto il rugby a diventare professionistico. Il coraggio oltre ogni temerarietà di Mandela fu quello di indossare in mondovisione all’Ellis Park di Jo’burg la maglia numero 6 del capitano François Pienaar (un boero) pur sapendo che gli All Blacks avrebbero asfaltato i Boks. Invece finì, ai supplementari, 15-12, il risultato all’origine della nazione Arcobaleno e del bel film Invictus di Clint Eastwood del 2009 con Matt Damon e Morgan Freeman.

 
BOMB SQUAD
Oggi a Parigi non ci sarà Mandela a proteggere i sudafricani e nemmeno l’arcivescovo Desmond Tutu, pure lui Nobel per la Pace, i cui angeli portarono in alto in mezzo ai pali il pallone decisivo calciato di drop da Stransky. Il presidente, ex sindacalista, Cyril Ramaphosa metterà stasera la maglia numero 6 del capitano “Siya” Kolisi (un nero)? Potrebbe, dal primo minuto in cui Mandela è stato liberato nel 1990, dopo 27 anni di carcere, Ramaphosa è stato il suo fidatissimo segretario. Un po’ di “Madiba”, insomma, allo stadio rivivrà. In campo sarà battaglia fino all’ultimo pedone fra sommi maestri strateghi come il duo Nienaber-Erasmus dei Boks e Foster dei “Blacks”: la cinica e devastante “bomb squad” sudafricana, basata su 7 omoni della mischia in panchina sugli 8 possibili cambi, rispetto alla supersonica velocità dei fratelli Barrett e di Mo’unga, con la speranza che abbiano torto coloro che ritengono decisivo l’arbitro inglese Wayne Barnes. 


Il futuro, comunque finisca stasera, vedrà trionfare di nuovo Mandela e non solo ai Mondiali, ma proprio in tutto lo scenario del rugby: nel 1995, alla loro prima partecipazione perché esclusi dalle edizioni 1987 e 1991, vinsero i Boks con un solo coloured nel gruppo, ovvero una squadra distillata da 4 milioni di bianchi. Oggi, dopo appena una generazione, tra neri e coloured ce ne sono 12 sui 33 del team in rappresentanza di 60 milioni di sudafricani di 13 etnie. La Grande Rivale, la Nuova Zelanda, è e resterà una nazione di 4 milioni di abitanti, per di più con la prospettiva di drenare sempre meno talenti originari di Fiji, Samoa e Tonga. “Madiba” Mandela sarà per sempre Invictus.

Paolo Ricci Bitti


Ultimo aggiornamento: Domenica 29 Ottobre 2023, 21:29
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