I 50 anni di Michele Bartoli: "Giro in autunno emozionante. Occhio a Moscon, è un grande"

I 50 anni di Michele Bartoli: "Giro in autunno emozionante. Occhio a Moscon, è un grande"

di Massimo Sarti
Il “Leoncino delle Fiandre” compie 50 anni. Visto il soprannome, fa un po' effetto. «Farà parte di me per sempre», dice Michele Bartoli, nato a Pisa il 27 maggio 1970. Vocazione: cacciatore di Classiche per eccellenza, con una predilezione per quelle del Nord dell'Europa. Giro delle Fiandre 1996, Liegi-Bastogne-Liegi 1997 e 1998 (anni in cui vinse pure la Coppa del Mondo), Freccia Vallone 1999, Amstel Gold Race 2002. Ma anche due trionfi al Giro di Lombardia, un titolo tricolore, due tappe al Giro d'Italia e un giorno in maglia rosa.

Tanti auguri Bartoli. Di solito la “cifra tonda” porta a fare dei bilanci. In questo 2020 si è aggiunta la pandemia...

Il virus ha messo in ginocchio il mondo in un modo che non era pensabile. Una cosa da film, roba da registi di Hollywood. Comunque ci siamo tutti rimboccati le maniche, nello sport e nella vita di tutti i giorni e sono abbastanza fiducioso che se ne possa uscire presto.

Lei attualmente si occupa per professione della preparazione atletica di ciclisti di vario genere, da semplici amatori a professionisti. Una curiosità: come è stato farli lavorare durante il lockdown, quando forzatamente dominavano i rulli?

Sono stati tutti bravissimi e sono convinto che potranno godere del lavoro fatto nella seconda parte della stagione. Certo non è stato facile, perché per molti fare solamente i rulli era una novità, anche se a me era già capitato in precedenza di seguire atleti impossibilitati per mesi ad uscire in strada a causa di infortuni.

Il Giro delle Fiandre 1996 spicca nella sua carriera. Ma ci sarebbe molto altro da raccontare...

Quel Fiandre è stata la prima Classica Monumento vinta ed è la corsa che mi piaceva di più. Ma come dimenticare le due Liegi, la Freccia Vallone del 1999 sotto la neve. E l'Amstel Gold Race 2002, giunta in un periodo particolare della mia vita: ero rientrato da un infortunio dopo il quale pensavo di non poter più correre ed era nata mia figlia. Dietro ogni successo c'è la storia di una preparazione minuziosa. Dietro ogni ricordo c'è ancora grande entusiasmo.

Come mai ha corso una sola Parigi-Roubaix, nel 2004?

Per questioni di calendario rispetto alle altre Classiche del Nord. Quell'anno c'era la possibilità di farla: la provai e mi accorsi che mi piaceva, ma alla fine proprio del 2004 decisi di smettere. Resta l'unico vero rimpianto.

Più di non aver vinto un Mondiale? Terzo a Lugano nel 1996 e a Valkenburg nel 1998, Spesso tra i favoriti, ma mai primo....

In quelle tre edizioni avevo davvero la vittoria nelle gambe. Se avessi chiuso la carriera con la conquista di tre Mondiali, penso non avrei rubato nulla a nessuno. Però non si corre con il proprio team, con il proprio direttore sportivo ed è spesso difficile creare tutte le dinamiche che possono portare alla vittoria. Il Mondiale di Lugano (vinto dal belga Johan Museeuw allo sprint sullo svizzero Mauro Gianetti, entrambi entrati in una fuga da lontano, ndr) è comunque quello che avrei potuto vincere meglio degli altri.

Quale è stato l'avversario più difficile da affrontare?

Il francese Laurent Jalabert.

Più del “Leone delle Fiandre” Museeuw?

In gare come il Fiandre Museeuw era fortissimo. Ma Jalabert era più completo. Te lo trovavi tra i possibili vincitori dalla Milano-Sanremo, alle Classiche del Nord al Lombardia. Era davvero complicato batterlo.

C'è attualmente un Bartoli nel ciclismo italiano?

A me piace molto Gianni Moscon. È polivalente, potrebbe vincere grandi classiche su ogni terreno, ma per vari motivi non è ancora venuto fuori. Forse stare nel pur ambitissimo Team Ineos (l'ex Sky, la supersquadra di Froome, Bernal e Thomas, ndr) non è l'ideale per lui.

A ottobre il Giro d'Italia e le Classiche del Nord saranno in contemporanea. Il cuore di Bartoli dovrà dividersi..

In questo 2020 non era possibile fare diversamente. Il Giro ne esce un po' sacrificato, ma avrà sempre il suo fascino e la sua importanza. Certo, molti atleti saranno costretti a scegliere.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 27 Maggio 2020, 07:00
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