Amendola: «Sono un ispettore all'antica che non si fa le canne»

Amendola: «Sono un ispettore all'antica che non si fa le canne»

di Donatella Aragozzini
Claudio Amendola torna alla lunga serialità targata Rai. Dopo essere stato per cinque anni uno dei volti-simbolo della fiction Mediaset, regalandole grandi ascolti con I Cesaroni, ed essersi riaffacciato nel 2016 sulla tv di Stato con la miniserie Lampedusa, l'attore romano sarà da stasera protagonista indiscusso di Nero a metà, un poliziesco coprodotto da RaiFiction e Cattleya, in collaborazione con Netflix, per la regia di Marco Pontecorvo. Nei 12 episodi da 50 minuti, trasmessi a coppia il lunedì in prima serata su Rai1, Amendola veste i panni del ruvido ispettore Carlo Guerrieri, un detective d'altri tempi che lavora nel commissariato Rione Monti e che, suo malgrado, dovrà adattarsi a convivere con una realtà che inizialmente non accetta.

Come descriverebbe questa serie?

«È un crime che si inserisce nella tradizione di Rai1 ma è anche una grande storia di sentimenti: c'è il rapporto padre-figlia, la gelosia e poi la parte nera, il passato che ritorna, con un grande segreto, seppellito anni prima, che riemerge dal terreno.»

È questa la “metà” nera alla quale allude il titolo?

«Sì, ma il titolo si riferisce anche al mio compagno di lavoro, Malik, l'agente di colore (interpretato da Miguel Gobbo Diaz, ndr) che mi è stato imposto accanto, che è l'esatto opposto di me: è un saputello, fresco di accademia, e da parte mia c'è anche una sorta di diffidenza nell'approccio con lui. Poi c'è il fatto che insidia mia figlia, purtroppo ricambiato, che acuisce lo scontro.»

Si parlerà dunque anche di razzismo?

«No, ma il personaggio di Malik, con la sua quotidianità, ci fa conoscere il tema delle differenze, delle difficoltà di integrazione. Inoltre la serie è ambientata all'Esquilino, il quartiere più colorato ed eterogeneo di Roma, un incrocio di razze, quindi avremo diverse storie che riguardano cittadini stranieri.»

Anche Guerrieri, come Coliandro o Schiavone, è politicamente scorretto?

«Sicuramente è allergico ai superiori e alle regole. Però non le infrange, è un poliziotto ligio al dovere, integro. E certamente non si fa le canne.»

Però nella prima puntata definisce “negro” Malik...

«La battuta sull'integrazione, con la parola che non si dice, la facciamo tutti.»

Questa è una fiction molto connotata geograficamente. Ma lei, da romano, come vede oggi la città?

«La vedo con gli occhi di chi ci abita. Non sono simpatizzante dei grillini e della sindaca, però saprebbe troppo facile sparare a zero sulla Raggi: la prima responsabilità è di noi che ci viviamo, abbiamo tutti il dovere di comportarci in maniera civile, che sia fare la raccolta differenziata o evitare i parcheggi selvaggi, e se non sono io il primo a comportarmi bene devo stare zitto.»

E invece la sua Roma come le sembra?

«Sono stanco di parlare della Roma, la vado a vedere e basta. Che devo dire? Sono contento degli acquisti fatti in una prospettiva futura, sono tutti giovani forti, ma con una Juventus così c'è poco da fare.»

Oltre a Nero a metà, ha altri progetti in cantiere?

«Ho appena girato un film che però uscirà il prossimo anno, Abbi fede di Giorgio Pasotti: è il remake di un film danese intitolato Le mele di Adamo.»

Sta pensando anche al suo terzo film da regista?

«Ci penso sempre, fin da quando è uscito il secondo, ma non so quando lo girerò. Ho scritto finora solo due righe, sarà in parte autobiografico.»
Ultimo aggiornamento: Domenica 3 Febbraio 2019, 14:53
© RIPRODUZIONE RISERVATA