Peppino Gagliardi è morto, mito della musica napoletana: protagonista a Sanremo e Un disco per l'estate

Aveva 83 anni ed era conosciuto in tutto il mondo

Addio a Peppino Gagliardi, mito della musica napoletana: protagonista a Sanremo e Un disco per l'estate

di Federico Vacalebre

Settembre non verrà. Se n’è andato Peppino Gagliardi, leone della vecchia guardia napoletana, 83 anni compiuti il 25 maggio. Quando ne compì 80, in pieno lockdown, minimizzò come uno scugnizziello, come lo scugnizziello che era rimasto, nonostante l’età, nonostante la scelta di vivere a Roma: «Diciamo che faccio due volte 40 anni, ma in euro sono la metà, come rispetto alla lira. E avrò 18 anni fino alla fine».

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Chi era Peppino Gagliardi

L’esordio discografico, nel 1962, non fu di quelli epocali, di «’A voce ‘e mammà» si ricordano in pochi. Lui ascoltava Ray Charles e Joe Tex, ma anche i grandi cantautori francesi, aveva dentro la melodia partenopea classica e nel ‘63 sfornò «T’amo e t’amerò», ritrovandosi al centro di tutto: «Camminavo per via Toledo e da tutti i negozi si sentiva la mia canzone. Ma non capivo quello che mi stava succedendo». Arrivarono altri successi dopo quel «T’amo e t’amerò», hit anche nei paesi arabi) furono «Che vuole questa musica stasera» (1968, era nella colonna sonora di «Profumo di donna»), «Settembre» (1970, seconda a «Un disco per l’estate»).

Passò dai Festival di Napoli (nel 1963 con «Maje»; nel 1964 con «Nisciuno ‘o ppo’ capì», scritta con Gaetano Amendola, il suo paroliere di riferimento, e «Mparame a vule’ bene»; nel 1966 con «Scriveme» di Murolo e «Sole malato» di Pazzaglia e Modugno; nel 1969 con «’O scugnizzo», terzo posto) a quelli di Sanremo (nel ‘65 con «Ti credo» in abbinamento con Timi Yuro; nel 1966 con «Se tu non fossi qui» di Carlo Alberto Rossi, doppiata da Pat Boone e poi ripresa da Mina; nel ‘68 con «Che vale per me», ancora di C.A. Rossi, con Eartha Kitt; nel 1972 secondo con «Come le viole», rilanciata nel 2006 da Giuliano Palma, tra i suoi fan eccellenti, con Benny Andersson degli Abba ed Alvaro Soler).

 

Lo dissero «cantore dell’amore nevrotico» perché era difficile definire le sue composizioni, il suo canto insieme melodico e innovativo, nasale, dalle sonorità pastose, frutto di una voglia di nuovo che non rompeva con la tradizione.


Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Agosto 2023, 16:35
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