Måneskin, il concerto all'Olimpico. La storia della band: dal marciapiede al mondo, l'ascesa di 4 ragazzi di Roma. Articolo nello speciale Leggo

Måneskin, il concerto all'Olimpico. La storia della band: dal marciapiede al mondo, l'ascesa di 4 ragazzi di Roma. Articolo nello speciale Leggo

di Rita Vecchio

Quattro “diavoli in cerca di redenzione”, con un nome danese, Måneskin, che significa chiaro di luna, quasi a presagire che a illuminare la scena rock, pop, alternative di una musica che protende verso la monotonia, ci avrebbero pensato loro. E allora, “I wanna be a champion, I wanna be a loser”.  Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi ed Ethan Torchio che, qui allo Stadio Olimpico, sono tornati a esibirsi nella loro Roma, circondati da 120mila persone, raccolgono i tasselli di quel puzzle breve ma intenso di questi ultimi anni. Sopra le righe, menefreghisti di sentiti dire e mode dirompenti, sbruffoni e ridicoli, come rock insegna, scrivono capitoli che mirano alla lungimiranza.

Questo articolo fa parte dello speciale di Leggo sul concerto dei Måneskin di venerdì 21 che verrà distribuito gratuitamente allo stadio Olimpico

Quattro giovani dei quartieri di Monteverde e Balduina, che crescono a suon Led Zeppelin e David Bowie. E che, ancora acerbi, pur di pagarsi le lezioni di musica e gli studi di registrazione passavano pomeriggi a raccogliere monetine, esibendosi nell’affollata via Del Corso, di passanti distratti e turisti curiosi, prima di arrivare a farsi osannare sul palco del leggendario Glastonbury Festival. Diventano famosi mentre frequentano ancora al liceo serale, da privatisti, tranne Damiano, («riprenderò un giorno, per ora penso solo alla musica»), aveva detto. «Ci promettevano cose mai avute. Ma siamo stati capaci di prenderci il lato positivo anche dalle cose brutte». Già. Ed era il 2016. L’anno dopo è la volta di X Factor, si classificano secondi con la benedizione del coach di quella edizione, Manuel Agnelli. L’EP Chosen, l’album di esordio Il ballo della vita con "Torna a casa" e la famosa Marlena, personificazione della libertà maneskiniana in copertina, fotografata nell’estasi del piacere fisico e sensoriale, libertà e passione insieme. «Chi è? Nessuno lo sa, a parte noi. È la nostra musa».

Merito della musa o no, è una sintesi di quello che volevano essere e che sono diventati.

Sexy, spavaldi, irriverenti. Risultato è “Teatro d’ira - Vol. 1” con "Zitti e buoni", brano con cui vincono prima la 71ª edizione del Festival di Sanremo e subito dopo l'Eurovision Song Contest che li catapulta nella scena internazionale. Si veda Rush!, l’ultimo disco, il cui tour li porterà nei prossimi mesi in tutto il mondo, Madison Square Garden a New York compreso. Album e brani le cui certificazioni e i cui numeri corrono più veloci della loro stessa storia. Si contano a oggi quasi 8 miliardi di streaming, 18 dischi di diamante, 259 dischi di platino e 51 dischi d’oro, primo posto nella classifica americana degli album alternativi e nominati ai GRAMMY Awards 2023. Premiati come Favorite Rock Song agli American Music Awards con “Beggin’” e Best Alternative Video agli MTV Video Music Awards per il videoclip di “I wanna be your slave" (la prima volta in assoluto per un artista italiano). E messaggi di compiacimento da Loredana Bertè a Vasco, dalla politica, da Mattarella a Draghi. Stasera e ieri sera.

Accolti a braccia aperte dalla loro Roma. Perché, ricordiamolo, come Renato Zero, Nino Manfredi e Gigi Proietti, tra le medaglie metaforiche i Maneskin contano anche l’onorificenza della Lupa capitolina negli anni del mandato della sindaca Raggi.  Sempre eccentrici e sopra le righe e sempre gridando “Rock ’n roll will never die”. Fedeli a quanto cantano in “Immortale”: “Tu che lotti solo per avere un nome, io per diventare una leggenda”. Certo, per capire se diventeranno leggenda ci vuole tempo. Il nome, invece, lo hanno già scritto praticamente ovunque. Sempre fuori di testa ma diversi da loro.


Ultimo aggiornamento: Sabato 29 Luglio 2023, 14:28
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