La soldatessa ucraina incinta dopo uno stupro: a Cannes la provocazione di Butterfly Vision (girato nel 2020)

La soldatessa ucraina incinta dopo uno stupro: a Cannes la provocazione di Butterfly Vision (girato nel 2020)

di Alessandra De Tommasi

Stessa nazione, guerra diversa, medesimi orrori. Butterfly Vision, il film ucraino nella sezione Un certain regard del Festival di Cannes 2022, parla chiaro, anche se usa poche parole. Diretto da Maksym Nakonechnyi, al debutto nei lungometraggi, racconta di Lilia, una soldata 29enne che viene rapita per due mesi e stuprata. La giovane neosposa si scopre incinta del suo aguzzino e, una volta rilasciata, deve affrontare non solo il trauma sul campo di battaglia ma il dilemma sull’aborto.

Non si tratta dell’attuale conflitto armato con la Russia, ma della battaglia civile ai confini con l’ex Unione Sovietica avvenuta nel 2014 e ribattezza come la Guerra di Donbass. Sulla Croisette il regista condivide questa prima esperienza dietro la macchina da presa per un progetto di finzione (anche se pericolosamente vicino all’attualità) mentre a Kiev continua a girare in zone di scontri armati per documentare quanto sta accadendo alla sua Ucraina.

Essenziale, austero e quasi spoglio di dialoghi, il progetto è stato girato nel 2020, per metà finanziato dai fondi locali per l’audiovisivo e pronto ad accendere i riflettori su un angolo di mondo dilaniato ma non dimenticato. Lo racconta il regista in un ufficio vicino al porto di Cannes, ma la bellezza e lo sfarzo della vista sembrano sfiorarlo appena, come se pensieri ben più seri lo riportassero a Kiev.

Chi è la donna di cui parla il film?
Una soldatessa traumatizzata ma al tempo stesso capace di prendere decisioni per se stessa, per quanto inattese e impopolari.

Ai tempi delle riprese ha incontrato qualche pericolo o problema?

In effetti le truppe russe incombevano già sui confini ucraini e ci era stato consigliato di non girare nei paraggi, ma almeno la scena iniziale, quella del rilascio della protagonista, dovevamo assolutamente girare a Donbass per conferire autenticità al racconto.

Quanta pressione sente nel portare questa storia al Festival?

Più che pressione, direi che percepisco la partecipazione come un onore rappresentare il Paese.

So che i soldati fanno molto di più ma questa vetrina permette di parlarne di quanto succede in Ucraina e credo sia il dovere di un artista.

La sua presenza a Cannes ha fatto scalpore in patria?

Non tanto quanto l’Eurovision Song Contest, temo, ma il discorso del nostro presidente nella serata d’apertura del Festival di Cannes mostra chiaramente che la nostra presenza qui non è solo a nome del film ma dell’intera nazione.

Quale differenza nota tra il conflitto del 2014 e quello attuale?

Oggi il nostro esercito è preparato e le donne possono ambire a gradi superiori nell’esercito, pur arruolandosi su base volontaria, mentre all’epoca le soldatesse venivano reclutate formalmente per altre mansioni, come cuoche o sarte, anche se nella realtà imbracciavano i fucili esattamente come i loro colleghi.

Ha in mente di documentare la guerra attuale?

Lo sto già facendo: voglio mostrare le conseguenze del conflitto e documentarlo per gli archivi di guerra e ho in mente di collaborare con l’esercito come regista per servire meglio questo scopo.

Crede che nell’immediato futuro il cinema ucraino veicolerà solo messaggi politici?

Fare il pane ha un risultato più immediato rispetto al girare un film ma lo sforzo del cinema aiuta a rafforzare l’identità ucraina. Comunque spero che il prossimo lungometraggio a cui mi dedicherò sia una commedia, qualcosa di totalmente inventato, evasione pura insomma. Abbiamo bisogno anche di questo, non è vero?


Ultimo aggiornamento: Mercoledì 25 Maggio 2022, 19:00
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