Giuseppe Fava, 40 anni fa l'omicidio del giornalista «scomodo»: Pippo denunciava la connivenza tra politica e mafia

Venerdì 5 Gennaio 2024, 22:06 - Ultimo aggiornamento: 22:15

Una mente camaleontica

Non solo giornalista di forte impegno civile, Fava era anche scrittore, saggista, drammaturgo. Una delle sue opere più note, «La violenza: quinto potere», era stata portata sullo schermo da Florestano Vancini. Nel 1976 Luigi Zampa aveva tratto un film dal suo romanzo «Gente di rispetto». Fino al 1980 era stato redattore capo di Espresso Sera e firma di varie testate tra cui i settimanali Tempo e Domenica del Corriere. Quindi aveva assunto la direzione del Giornale del Sud per il quale aveva formato una redazione di giovani cronisti che, dopo il licenziamento di Fava seguito dalla chiusura della testata, lo hanno seguito nell'esperienza de I Siciliani contribuendo a scrivere una pagina importante di giornalismo di inchiesta e di denuncia.

In questa fase della sua vita professionale Fava aveva affrontato temi come le collusioni tra Stato e mafia, il potere criminale della cosca di Nitto Santapaola, gli interessi dei comitati d'affari di Catania, il ruolo dei cavalieri del lavoro. Malgrado qualche voce avesse cercato di sostenere ipotesi riduttive sul movente del delitto, quelle storie sono diventate temi fondamentali del processo che si è dovuto confrontare anche con operazioni di depistaggio a opera di falsi pentiti.

E solo dopo avere sventato vari tentativi di inquinare la verità, il giudizio si è concluso con la condanna all'ergastolo dei boss Nitto Santapaola e Aldo Ercolano, esponenti della cosca mafiosa che Fava aveva indicato come il centro di un complesso sistema nel quale si incontravano mafia e poteri politici ed economici.

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