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Le Foche: «Il coronavirus ha fasi pandemiche»
Mara Venier chiede come sarà la vita quando tutto si riaprirà e il professore è ottimista: «Il virus tende ad autospegnersi, come la Sars, come una morte programmata. Non voglio dare false illusioni, ma i coronavirus hanno fasi pandemiche e poi queste si riducono. Quindi secondo me la vita sarà come prima, magari non subito, ma si tornerà a una vita normale».Coronavirus, Ranieri Guerra su Ricciardi: «Non ha niente a che fare con l'Oms». Lui replica
In merito alla riapertura ipotizza che possa avvenire diversamente Regione per Regione: «Dobbiamo essere sicuri che la chiusura abbia avuto i suoi effetti. Si sono decompressi gli ospedali, quindi ora siamo più in grado di aiutare le persone. Abbiamo l'opportunità di trattare bene le persone, ma questo va fatto sul territorio perché ci dà l'opportunità di riaprire in sicurezza. Questo andrà unito a telemedicina e app». Parlando dei tamponi spiega che non se ne possono fare molti per una questione di limitata disponibilità di reagenti: «Il massimo che si poteva fare si è fatto, ma penso che ne futuro potremmo fare di più».
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Parlando dei test sierologici Le Foche spiega: «Ci sono due tipi di test, uno rapido, tipo quello di gravidanza che in 15 minuti ci dà il risultato. Questo valuta se il paziente è venuto a contatto con il virus e se ora ne è immune. I test hanno un limite, perché possono rilevari vari tipi di ecg e quindi non sono attendibili e vanno associati al tampone. Questo test potrebbe essere utilizzato come screaning di massa».
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Poi Le Foche aggiunge: «Noi speriamo molto nel vaccino ma ci vorranno ancora 10 mesi o un anno per averlo. Quello che abbiamo imparato ci aiuterà a stringere al massimo questo virus e permetterci che faccia in modo a non fare del male alla popolazione. Nonostante non abbia avuto una mortalità altissima, la sua diffusione massiccia ha creato uno stress molto forte a tutti i sistemi nazionale del mondo. Ma il futuro sarà più roseo di quello che pensiamo. Ci sono delle terapie, è una malattia infiammatoria, ritengo che ogni polmonite se lasciata a se stessa porterebbe un paziente in rianimazione, se viene trattata subito, nessuno o pochissime persone andrebbero in rianimazione. Importante è il ruolo dei medici di famiglia e il lavoro fatto sul territorio. Vedere il paziente nei primissimi giorni della sua malattaia è basilare. Ormai lo tsunami è passato».
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Ultimo aggiornamento: Lunedì 20 Aprile 2020, 11:21
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