2 giugno, la parata delle defezioni. I generali: no a chi umilia i soldati. E Meloni: io esclusa
di Mario Ajello
SMILITARIZZARE
Non ci sarà, in polemica contro la ministra Trenta, che «vuole smilitarizzare i militari e farli diventare una Ong», anche uno dei suoi predecessori al ministero: Ignazio La Russa. Ma l'assenza più pesante, domani sui Fori Imperiali, sarà quella di Giorgia Meloni. Lo scontro dell'altro giorno in aula al Senato tra i Fratelli d'Italia e la Trenta, contestata perché ai loro occhi vuole ridurre le forze armate a «Peace & Love», è stato un episodio importante dello scontro in atto. E sarà un caso, ma la scelta della Difesa di non invitare alla parata i leader di partito ha finito per escludere soltanto la Meloni. Zingaretti ci sarà in quanto presidente regionale del Lazio, Salvini in quanto ministro dell'Interno, Di Maio come vice-premier, Tajani come presidente del Parlamento europeo. E lei, Meloni, niente? «Non ci sarei andata lo stesso. Perché non posso accettare che le forze armate, orgoglio della nostra nazione, siano derise e sbeffeggiate da un ministro che vorrebbe vedere i nostri soldati fare le torte e non fare i militari. E Conte, lei lo sa che cosa ha detto? Ha affermato che è disposto a rinunciare all'acquisto di cinque fucili, per finanziare una borsa di studio per la pace. Questi s'infischiano dell'interesse nazionale e del ruolo dell'Italia nel mondo».
ISTITUZIONI
E comunque, l'assenza di La Russa non viene affatto condivisa da Gasparri e la defezione dei tre generali riscuote dissensi anche tra chi condivide le loro critiche alla gestione del ministro. Come ha scritto, su Twitter, Andrea Armaro, che è stato capo della comunicazione di due ex titolari della Difesa, Parisi e Pinotti: «Sbagliato il gesto di non aderire alla Festa della Repubblica. Le istituzioni vanno oltre i politici e le politiche del momento». Dunque occorre rispettarle sempre. «Ma è il ministro che non rispetta le forze armate», insistono i tre. Alla Trenta, nel mondo militare, vengono rimproverati i tagli degli investimenti (oltre un miliardo in meno), l'introduzione della sindacalizzazione (che mal si sposa con i principi dell'ordine e della gerarchia), l'incoraggiamento dei ricongiungimenti familiari (il che significherebbe la concentrazione al Sud di tutti i militari, visto che in gran parte da lì provengono) e via così. Per non dire che «la festa dell'inclusione» - ecco un'altra rimostranza - non s'è capito bene che cosa sia. Si tratta insomma di una fase di estrema difficoltà - oltre che nel rapporto interno al governo, in cui Salvini e la Trenta si sono dati battaglia spesso - nelle relazioni tra il mondo militare e il suo referente politico.
IL RUOLO DEL PREMIER
Incalza la Meloni, Giorgia l'esclusa: «Non me ne faccio certo un cruccio. Mi dispiace soltanto che un ministro confonda le sue simpatie politiche con i ruoli istituzionali e politici. Un evento importante come la festa della Repubblica non appartiene a lei e a chi le sta simpatico. Ma alla nazione nel suo complesso. Io rappresento milioni di italiani e la Trenta non li rispetta. E a sua volta Conte ha detto un'altra cosa gravissima: i militari devono fare propaganda per la pace nelle retrovie. Ma il premier non sa che i nostri soldati dai vari posti del mondo tornano in patria chiusi nelle bare avvolte nel tricolore, per difendere quella pace di cui lui si riempie inconsapevolmente la bocca?».
Il ministro, da parte sua, respinge da giorni le critiche di chi contesta la scelta dell'inclusione come tema della parata. E lo fa così: «Inclusione vuol dire che parteciperanno per la prima volta anche i civili della Difesa e la riserva selezionata». Intanto, alle 10 di domani sfileranno in 3.975 lungo i Fori Imperiali. Ad aprire la parata saranno gli atleti del Gruppo paralimpico della Difesa e oltre alle varie componenti delle forze armate, ci saranno i vari corpi dello Stato, i veterani e 300 sindaci. Ma la rott
Ultimo aggiornamento: Sabato 1 Giugno 2019, 16:05
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