Rose bianche, lacrime e campanelli
«La sua morte ci spinga a cambiare»

A Padova i funerali in diretta tv della 22enne uccisa dall’ex ragazzo Il papà: «Siamo tutti coinvolti». Il vescovo: «Amate meglio e di più»

Rose bianche, lacrime e campanelli «La sua morte ci spinga a cambiare»

di Totò Rizzo

Non aveva quasi più un corpo che fosse il suo, Gino Cecchettin, ieri mattina, a Padova, ai funerali di sua figlia Giulia, 22 anni, uccisa dal fidanzato Filippo Turetta: Elena, la minore, abbarbicata al suo braccio destro, Davide, il più piccolo, con la testa sulla spalla sinistra del padre. Un gruppo marmoreo di dolore. L’hanno salutata a Prato della Valle quasi in diecimila, Giulia, diventata senza saperlo l’emblema di tutte le donne uccise nel 2023, una conta sciagurata ferma fino a ieri a 105. E in milioni le hanno dato l’addio durante la diretta tv, da quella piazza sterminata che ha visto in altri momenti migliaia di ragazzi come Giulia (chissà, forse Giulia stessa) cantare, ballare, pogare al suono di un concerto rock o di un evento televisivo di musica pop. La stessa piazza, tra le più grandi d’Europa, che ieri era invece una vasca di lacrime.

Dentro, la Basilica di Santa Giustina gremita: il ministro della Giustizia Nordio a nome dell’esecutivo, il governatore del Veneto Zaia, decine di sindaci, parenti, amici, compagni d’università e gente comune. La bara bianca coperta da rose gialle. Ha invocato la salvaguardia dei diritti di ciascuno, il vescovo di Padova, Claudio Cipolla, che celebrava il rito, la difesa dei progetti di vita individuali, la parità tra maschi e femmine («Amate di più e meglio. Non più atti di sopraffazione e abuso»), il ritorno al rapporto tra giovani, adulti e anziani. Ha invocato anche la pace nel cuore di Filippo, l’omicida.

Alla fine, papà Gino ha preso la parola, ricordando la sua Giulia allegra e vivace, che aveva abbracciato con tenacia un compito non suo dopo la morte di mamma Monica, lo scorso anno, per un tumore.

Gino Cecchettin ha richiamato l’attenzione dei politici sul tema della violenza contro la donne ma anche la responsabilità educativa della famiglia, della scuola, della società civile, dell’informazione. «Da questo tipo di violenza che è solo apparentemente personale e insensata si esce soltanto sentendoci tutti coinvolti. Anche quando sarebbe facile sentirsi assolti». Poi l’addio con una poesia di Khalil Gibran (“Il vero amore”) i cui ultimi versi - «la vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia» - gli hanno offerto lo spunto per il commiato: «È il momento di lasciarti andare, amore mio. Grazie, per questi 22 anni che abbiamo vissuto insieme e per l’immensa tenerezza che ci hai donato. Salutaci la mamma, ti penso abbracciata a lei e penso che il vostro amore sia così forte da aiutare me, Elena e Davide a imparare a danzare sotto la pioggia. Noi tre rimasti vi promettiamo che impareremo a muovere i passi di danza sotto la pioggia». Ma, quasi per un inatteso riguardo, all’uscita di Giulia dalla basilica aveva smesso di battere, la pioggia: cosicché il simbolico tintinnio di chiavi e campanelli che molti hanno tirato fuori dalle tasche s’è trasformato in quel rumore assordante che papà Gino aveva chiesto perché su Giulia e le altre vittime non cali mai il silenzio. Giulia è stata sepolta accanto a mamma Monica nel piccolo cimitero di Saonara, 10mila anime. La bara è scesa giù seguita da una rosa di Elena: «Ciao, tesoro».

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Ultimo aggiornamento: Mercoledì 6 Dicembre 2023, 06:00
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