Tredicine, da Schiavi d’Abruzzo a San Pietro: l’incredibile ascesa dei caldarrostai

Tredicine, da Schiavi d’Abruzzo a San Pietro: l’incredibile ascesa dei caldarrostai

di Franco Pasqualetti
Piamose Roma. Non è Romanzo Criminale ma il credo della famiglia Tredicine. E alla fine ci sono riusciti. Si sono presi la Capitale una licenza alla volta. Prima tutti i caldarrostai, poi i camion bar, poi i banchi di abbigliamento e merce varia. Nelle cartoline della città, dal Colosseo alla Piazza di Spagna, c’è sempre un loro chiosco di bibite, un loro banco di souvenir.
Sempre e comunque uno della famiglia Tredicine, padrona del ricchissimo e caotico commercio ambulante della capitale. Talmente potente che gli altri operatori abbassano automaticamente la voce, prima di pronunciare quel nome. 
I Tredicine occupano centinaia di posti, controllano i prezzi di affitto delle licenze, siedono nei sindacati, hanno chi li protegge in consiglio comunale. Tutto è iniziato su un marciapiede di via Frattina, dove il capostipite, Donato, sessant’anni fa si stabilì per vendere caldarroste. Nel novembre 1959 Donato lasciò i suoi nove figli a Schiavi, in Abruzzo, e si trasferì a Roma. La mattina lavorava in un cantiere edile, nel pomeriggio vendeva castagne nei vicoli di piazza di Spagna. Le cose cambiarono quando all’inizio degli anni Ottanta lo raggiunsero i figli Mario, Elio, Dino, Alfiero e, più tardi, Emilia. Oggi controllano circa 320 licenze con concessioni pluriennali. Nel centro storico occupano 42 dei 68 posti disponibili per i camioncini di bibite e sorbetti. Tutte in posti strategici. Da San Pietro al Circo Massimo, dallo stadio Olimpico (dove è stato immortalato Giordano) ai concerti. Passando per le vie eleganti della città. Impossibile o quasi spostarli. 
Poi ci sono i concerti, le fiere, le partite. E il mercato della Befana di piazza Navona: dove il guadagno è di circa 50mila euro a settimana a banco. Loro ne hanno 13 lì. Anzi, ne avevano perché lo scorso Natale con un blitz 7 banchi sono stati sequestrati.
Per allontanarli dall’area archeologica del Colosseo è stato necessario l’intervento del ministro della Cultura, del Prefetto per motivi di sicurezza antiterrorismo e un decreto speciale del consiglio dei Ministri.
Ultimo aggiornamento: Martedì 19 Marzo 2019, 08:05
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