Erasmo, Ottorino, Nerina: nomi ormai desueti che con probabilità si riferivano a persone anziane. Sceglievano così le proprie vittime i sette truffatori che sono stati condannati dal Tribunale di Milano per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla truffa, con l'aggravante della transnazionalità, e ricettazione, aggravata dal numero dei concorrenti. Gli arresti e le relative condanne sono stati resi possibili dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto Eugenio Fusco e dai sostituti procuratori Cristian Barilli e Giancarla Serafini, e condotte dal pool Antitruffe della Sezione di polizia giudiziaria della Procura di Milano, composto da personale della polizia di Stato e della polizia locale. A seguito di alcune denunce, il personale operante aveva riscontrato, a partire da gennaio 2019, il susseguirsi di una serie di truffe perpetrate con un modus operandi comune: le vittime venivano contattate telefonicamente da una persona che si spacciava per un parente (presentandosi in genere come un figlio o un nipote) e che chiedeva in prestito denaro o oggetti preziosi, affermando di averne urgente bisogno per far fronte a un grave problema. In alcuni casi, ad esempio, il truffatore asseriva di essere ammalato (nell'ultimo anno anche di Covid) e di dover affrontare grandi spese per farsi curare; in altri casi affermava invece di aver causato un incidente stradale e di dover risarcire la persona investita.
Le telefonate venivano effettuate da utenze estere (Polonia e Germania, con prefisso 0049) e la vittima, anziana, veniva trattenuta al telefono per un lungo tempo, impedendole di verificare se quanto le era stato raccontato fosse vero.
Grazie alle telecamere installate nei pressi dei condomini delle vittime, all’analisi dei tabulati telefonici, a pedinamenti effettuati anche con l’ausilio della Polizia Stradale e all’installazione di una videocamera nei pressi del “covo” dei truffatori a Rozzano, il personale della Sezione di Polizia giudiziaria è riuscito a individuare diversi componenti del gruppo che si serviva di “centralinisti” all’estero (che avevano il ruolo di scegliere i nominativi e di contattare le vittime per telefono) e di “esattori” in Italia (impiegati per recuperare il denaro e i preziosi dalle vittime). Le utenze estere utilizzate per le telefonate venivano poi dismesse dopo ogni truffa. Ai truffatori sono state inflitte sette condanne con pene fino ai tre anni e 4 mesi di reclusione.
Ultimo aggiornamento: Venerdì 30 Luglio 2021, 18:58
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