Mehmed aveva due anni e 5 mesi. Il suo corpicino sul tavolo autoptico ne aveva raccontato il calvario: 51 tra pugni e calci in testa, morsi sulla schiena e sulle braccia, ustioni si sigaretta, bruciature sotto la pianta dei piedini con la fiamma viva di un accendino, il labbro spaccato. Ma il suo non è stato un omicidio, e neppure il piccolo ha subìto tortura. Solo «maltrattamenti pluriaggravati».
Ieri la Corte d’Assise d’Appello ha ribaltato quanto stabilito in primo grado sulle circostanze della sua morte, avvenuta il 22 maggio del 2019 in un appartamento di via Ricciarelli, zona San Siro. Il padre di Mehmed, Alija Hrustic, croato di 26 anni, era stato condannato al carcere a vita, nel 2021, per omicidio volontario, maltrattamenti e tortura, tutti aggravati.
Risultato: nei confronti di Hrustic è stato annullato l’ergastolo ed è stata decisa una condanna a 28 anni di carcere: perché secondo o giudici di appello il piccolo Mehmed è morto per i plurimi maltrattamenti del padre (che andavano avanti da mesi) e non come conseguenza di un atto diretto e volontario. Come dire: pestando brutalmente quel bambinello d due anni, il croato in realtà non voleva uccidere. Le motivazioni della sentenza della prima sezione della Corte d’Assise d’Appello, presidente Ivana Caputo, saranno depositate tra 40 giorni.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 10 Marzo 2022, 12:34
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