Bambino ucciso a Milano, l'orrore dall'autopsia: «Morsi e bruciature di sigaretta prima di essere ammazzato dal padre»

Bambino ucciso a Milano, l'orrore dall'autopsia: «Morsi e bruciature di sigaretta prima di essere ammazzato dal padre»

di Salvatore Garzillo
Il piccolo Mehmed aveva solo due anni e il tempo che ha vissuto è stato un incubo senza sosta di violenze. Lo si legge nell'avviso di conclusione delle indagini al padre Aljica Hrustic, il 25enne fiorentino di origine croata che la notte tra il 21 e il 22 maggio ha ucciso il suo bambino al termine dell'ennesimo pestaggio nel loro appartamento al piano terra di un palazzo Aler in via Ricciarelli, in zona San Siro. Una storia orribile che ha riempito le pagine della cronaca per giorni e che oggi ritorna con uno sviluppo inedito: il pm Giovanna Cavalleri ha contestato all'uomo non solo l'omicidio volontario ma anche il reato di tortura, introdotto nell'ordinamento dal luglio 2017. È la prima volta che accade in Italia per un caso che esula da contesti di carceri o di caserme.

Secondo il procuratore aggiunto Laura Pedio, la configurabilità del reato viene definita in alcuni «gesti di violenza» che, «nel contesto delle condotte di maltrattamenti», sarebbero stati «connotati da gratuita crudeltà» provocando «acute sofferenze fisiche» al bimbo «sottoposto alla sua custodia, potestà e cura». Il riferimento è ai calci alla testa (a ucciderlo è stato proprio un colpo al capo), i morsi su braccia e schiena, i tagli al labbro superiore, le bruciature di sigaretta sul corpo e le ustioni sotto le piante dei piedi provocate a fiamma viva con un accendino.
In quella notte d'inferno Hrustic era sotto effetto di stupefacenti, che hanno amplificato la sua rabbia scatenata dall'incontinenza di suo figlio. Il pm gli contesta l'aggravante di avere agito «con crudeltà» e aggiunge che Hrusic «manifestava grave insofferenza nei confronti del figlio minore, lo ingiuriava ripetutamente con l'epiteto di scemo, lo percuoteva senza alcun motivo».

La posizione della madre del piccolo, la 23enne croata Silvia, è stata invece riabilitata dopo i dubbi dell'inizio. Anzi nel procedimento è ritenuta vittima. «Fin dall'inizio della loro relazione - si legge nell'avviso notificato al 25enne - ingiuriava e percuoteva, il più delle volte alla presenza dei figli minori la convivente colpendola con schiaffi, pugni e calci, a volte utilizzando una cintura, in altre occasioni servendosi del bastone di una scopa o di grossi fili elettrici».
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Ultimo aggiornamento: Martedì 29 Ottobre 2019, 09:58
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