«Scrivi quando arrivi», il primo gruppo WhatsApp per le donne che tornano a casa sole la notte: così si proteggono a vicenda

Il gruppo transfemminista è nato circa tre mesi fa da un'idea di Samia Outia, studentessa 22enne di giurisprudenza a Bologna

«Scrivi quando arrivi», il primo gruppo WhatsApp per le donne che tornano a casa sole la notte: così si proteggono a vicenda

di Redazione web

L'unione fa la forza. La conferma arriva a seguito dell'iniziativa nata a Bologna che ha portato ragazze e donne a riunirsi tutte insieme in un unico gruppo Whatsapp. Il motivo? Restare in contatto durante i rientri notturni. Un diritto, quello di divertirsi e di tornare autonomamente a casa, che sembra ormai un lusso se si tiene conto dell'alto numero di segnalazioni per aggressione ai danni delle donne e per i femminicidi sempre più in crescita.

Il nome della chat di gruppo è semplice e immediato «Scrivi quando arrivi». Non suona familiare? Che siate maschi o femmine vi sarà sicuramente capitato di pronunciare queste parole a una vostra amica, sorella o donna a voi cara. Da qualche mese il supporto tramite chat è pura realtà. «Ciao ragazze, c’è qualcuna sveglia?». «Sì, ci sono», è la risposta che si può ricevere nel cuore della notte così come alle cinque e mezzo del mattino. 

Le «guardiane» della notte

Ma chi sono le guardiane della notte? A sorvegliarsi durante il tragitto di rientro verso i loro appartamenti sono più di trecento ragazze, per lo più studentesse fuorisede - ma non solo - che da un paio di mesi non rinunciano più a uscire di notte. La loro fiducia si basa sul fatto che qualcuna è connessa, in strada o in casa, che le farà compagnia finché non è giunta presso la propria dimora. «Arrivata, grazie».

Una comunità informale e silenziosa - come scrive La Repubblica - nata e cresciuta in soli tre mesi, da quando Samia Outia, 22 anni, quarto anno di giurisprudenza, veneta «con doppia cittadinanza marocchina e italiana», ha avuto l’idea.

Lo scorso autunno, la ragazza ha avuto la percezione di «un prima e di un dopo nel grande discorso della violenza di genere». Due episodi diversi, lontani e vicini, che l’hanno segnata e spinta a fare di più: il femminicidio di Giulia Cecchettin e i casi di violenza sessuale «in via dell’Unione e delle Belle Arti», a Bologna. Lei e le sue amiche si sono sentite «mai così affrante e insicure».

Nella biblioteca di via Zamboni 38, ha poi deciso - a dicembre -di scrivere e stampare in autonomia centinaia di volantini: «Non ti senti sicura a tornare a casa? Neanche io».

Li ha appesi nelle aule universitarie, nei bagni dei locali. E ha fondato un gruppo whatsapp transfemminista, aperto a tutte (con un filtro di verifica di informazioni dell’utente), che da allora fa da vedetta autogestita per il ritorno a casa delle donne, con decine di messaggi e richieste di iscrizione ogni giorno.

C'è ancora tanta strada da fare 

Molte utenti hanno segnalato episodi di catcalling, staliking, ex invadenti e episodi di molestie. Da sottolineare che il gruppo funge sia da alert che da sfogatoio, attraverso la creazioni di legami tra estranee. «Dopo i casi di stupro in zona universitaria, nei nostri ritorni serali non è cambiato niente», conclude Samia. 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 4 Aprile 2024, 19:09
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