La Corte costituzionale: «Serve una legge per tutelare i figli delle coppie gay»

La Corte costituzionale: «Serve una legge per tutelare i figli delle coppie gay»

Sui figli delle coppie gay la Corte costituzionale lancia un forte monito al Parlamento a intervenire «urgentemente» per dare una tutela dei loro diritti laddove manca del tutto e per rafforzarla dove esiste già un primo nucleo di norme, allo stato insufficiente. Lo fa non escludendo di provvedere in futuro direttamente se il legislatore, a cui tocca compiere scelte così delicate, resterà inerte.

La svolta della Consulta arriva con due sentenze che hanno dichiarato inammissibili due diverse questioni sollevate dal tribunale di Padova e dalla Corte di Cassazione, riassumibili in due interrogativi: quale tutela spetta al bimbo nato in Italia da due donne, a seguito di fecondazione eterologa, in caso di crisi della coppia? Il bambino nato all'estero mediante maternità surrogata può essere riconosciuto in Italia come figlio di due uomini uniti civilmente? Al centro del primo caso ci sono due gemelle nate nell'ambito di un progetto di procreazione assistita di due donne, la cui storia è finita però in pezzi. Sul certificato di nascita c'è il solo nome della mamma biologica, che si oppone alla cosiddetta «adozione in casi particolari» da parte dell'ex partner. Così la madre intenzionale è stata esclusa da qualunque rapporto con le gemelle. La donna si è rivolta al tribunale di Padova per ottenere il riconosciuto del ruolo di genitore. E i giudici hanno portato il problema davanti alla Corte ritenendo che l'impossibilità di dare alle figlie anche il cognome della mamma intenzionale si traduce in un vuoto di tutela per le bimbe. Vuoto che la Corte costituzionale riconosce. Per questo striglia il Parlamento chiedendo che «individui urgentemente le forme più idonee di tutela dei minori, anche alla luce delle fonti internazionali ed europee».

Al centro della questione sollevata dalla Corte di Cassazione c'è invece un bambino figlio di due papà, una coppia omosessuale, unita da matrimonio in Canada e che ha fatto ricorso all'estero alla maternità surrogata.

Una sentenza di quel Paese li ha riconosciuti entrambi genitori, ma in Italia si sono visti opporre un rifiuto alla trascrizione di quella decisione. Dopo alterne vicende, il caso è finito davanti alla Corte di Cassazione, che ha sollevato le questioni di legittimità sull'impossibilità di riconoscere in Italia, perché in contrasto con l'ordine pubblico, un provvedimento giudiziario straniero che attribuisce lo stato di genitori a due uomini italiani uniti civilmente, che abbiano fatto ricorso alla tecnica della maternità surrogata. Pur restando fermo il divieto penalmente sanzionato di maternità surrogata, la Consulta ha riconosciuto che l'attuale quadro giuridico «non assicura piena tutela agli interessi del bambino nato con questa tecnica».

Ma visto che sono prospettabili differenti soluzioni, «ha ritenuto, allo stato, di non poter intervenire, nel doveroso rispetto della discrezionalità legislativa», pur affermando la necessità di un intervento del legislatore. «I due moniti segnano un passo avanti importante. Certo segnalano che il diritto italiano è caratterizzato da voragini enormi, che oggi non è capace di tutelare queste famiglie, questi bambini e queste bambine. Di questi vuoti porta la primaria responsabilità il Parlamento e la Consulta ha senz'altro ragione a puntare il dito» commenta l'avvocato Alexander Schuster, legale sia della donna di Padova che dei due papà: lei «delusa», loro invece soddisfatti del «passo avanti» segnato dalla Consulta. 
 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 28 Gennaio 2021, 21:25
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