Napoli, stupro in Circumvesuviana: «Noi donne cresciute con l'incubo di prendere quel treno»

«Noi donne di Napoli cresciute con l'incubo della Circumvesuviana»

di Ilaria Del Prete
«Ilaria, se arrivi tardi non prendere la Circumvesuviana». E ancora. «Ilaria, ti faccio venire a prendere da papà direttamente a Napoli».

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Una ferrovia che fa rima con terrore. Non importa che tu abbia più di trent'anni e neppure che quella linea ferrata - che collega i paesi vesuviani alla Stazione Centrale di Napoli - l'hai presa centinaia di volte, fin da quando ancora andavi alle scuole medie. Tutti i giorni, sempre lo stesso tragitto per anni, per raggiungere l'università. E non solo.
Se abiti alle pendici del vulcano devi salire su quel treno ancora oggi. Nonostante i rischi e i convogli a singhiozzo, meglio la Circumvesuviana che quei 15 km di strada trafficatissima lungo la linea costiera napoletana. Una sola cosa non è mai cambiata: la preoccupazione della mamma e di chiunque ti abbia a cuore. Il viaggio in Circumvesuviana fa ancora paura. Soprattutto quando cala la sera. Soprattutto se viaggi da sola. E allora siediti nella prima carrozza, vicino al capotreno. «E mandami un messaggino quando arrivi», la raccomandazione impossibile da dribblare.

Così, inevitabilmente, ti guardi attorno mentre aspetti che arrivi il treno, che magari è in ritardo. E tuo padre resta a guardarti da lontano finché non ti vede salire a bordo. Pensi che forse si preoccupano un po' troppo, i tuoi genitori. In fondo sei una donna, te la sai cavare da sola. Eppure, una volta in carrozza, cerchi lo stesso un vagone distante da quei ragazzini che urlano, sfottono, si dondolano aggrappati ai reggimano.

Ti chiedi perché in vent'anni che prendi questo treno non ci hai mai visto un controllore, qualcuno che possa dire a quei mocciosi che si credono baby boss che non si fuma a bordo e faccia proseguire con serenità il viaggio a tutti gli altri passeggeri. Che ti faccia sentire al sicuro.
 
 


Poi arrivi in stazione, e allunghi il passo. Soprattutto se la tua fermata è una di quelle dimenticate da Dio e dalle istituzioni, senza neanche la biglietteria e con un'obliteratrice fuori servizio da anni. Fuori è buio, la paura si fa sentire. Ripensi a quella tua amica del liceo, quella che per fare il sottopasso si accodava sempre ai gruppetti di almeno un paio di persone e a quella volta che non ha trovato nessuno da seguire e le hanno rapinato il telefono mentre parlava col fidanzato, per farsi fare compagnia.

Prendere l'ascensore? Bisogna prima vedere se funziona. E poi valutare. Se sei da sola qualcuno potrebbe seguirti. «E se mi fregano il portafogli?» «E se spunta un coltello?». Il cuore è già in gola. Meglio stare vicino a qualcuno che conosci, anche solo di vista. Almeno fino a ieri, Perché, da oggi, penserai: «E se mi violentano?».

ilaria.delprete@leggo.it
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Ultimo aggiornamento: Giovedì 7 Marzo 2019, 10:53
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