Chi era Praljak, l'ex generale che si è ucciso col veleno: tra pulizia etnica e lo "Stari Most" bombardato

Chi era Praljak, l'ex generale che si è ucciso col veleno: tra pulizia etnica e lo "Stari Most" bombardato
Slobodan Praljak, l’ex generale che oggi si è tolto la vita nel tribunale internazionale dell’Aja ingerendo del veleno, è stato un politico croato-bosniaco, condannato per crimini di guerra proprio oggi a vent’anni di carcere. Generale dell’esercito croato prima e del Consiglio di difesa croato poi (l’esercito croato in Bosnia durante la guerra nei Balcani), Praljak è uno dei sei esponenti politici accusati e poi condannati dal tribunale internazionale per i crimini nella ex Jugoslavia.

Dirigente teatrale negli anni ’70 e ’80 a Zagabria e Mostar, laureato in ingegneria, filosofia e sociologia, Praljak entrò nell’esercito nel 1991, come maggiore generale, diventando membro del Consiglio di difesa, della commissione statale croata per le relazioni con l’ONU e viceministro della difesa. Durante la guerra fu un comandante militare, ruolo che gli ha poi portato varie accuse di crimini di guerra, tra cui quelle relative al dramma della pulizia etnica contro i civili bosgnacchi (i bosniaci musulmani).

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IL VECCHIO PONTE DI MOSTAR Lo 'Stari Most', il Vecchio Ponte di Mostar, perla dell'architettura ottomana del '500 del quale il generale croato-bosniaco Slobodan Praljak ordinò la distruzione, era un legittimo obiettivo militare secondo i giudici del Tribunale internazionale dell'Aja (Tpi), che oggi hanno confermato in appello le condanne per crimini di guerra per sei massimi esponenti politici e militari croato-bosniaci.

Il sultano della Sublime Porta lo aveva ordinato al suo migliore architetto, Hajruddin, ma lo aveva anche minacciato del taglio della testa se il ponte non avesse retto. Il giorno in cui, nel 1566, dopo anni di lavoro, lo Stari Most fu sciolto dalle impalcature, Hajruddin non ebbe il coraggio di assistere e si nascose in un casolare di campagna. Fu un emissario inviato dai notabili della città che lo raggiunse lanciando il cavallo al galoppo per portargli la notizia che il suo ponte aveva retto ed era bellissimo.

Bianco con la sua volta a schiena d'asino, ha resistito per 427 anni a guerre, inondazioni e terremoti. Poi la mattina del 9 novembre del 1993 le sue pietre bianche precipitarono nelle acque verde smeraldo della Neretva, colpite da tre granate, ma il suo crollo era stato preparato il giorno prima con almeno 60 proiettili di grosso calibro sparati dalle truppe croato-bosniache al comando di Slobodan Praljak.

Quando lo Stari Most collassò nel fiume, Praljak, che per sua stessa ammissione ne aveva ordinato il bombardamento, disse: «Non è che un vecchio ponte», aggiungendo che per un dito dei suoi soldati ne avrebbe distrutti altri cento.
Il nuovo Vecchio Ponte, ricostruito grazie alle donazioni di Italia, Francia, Turchia, Olanda e Croazia, fu inaugurato nel 2004.

Ultimo aggiornamento: Mercoledì 29 Novembre 2017, 16:36
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