Comunque andrà, è un Festival di Sanremo femminista

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E’ un Festival di Sanremo più femminista che mai quello di quest’anno. A dispetto di una conduzione tutta al maschile, seppure manchino i monologhi delle e sulle donne e nonostante le “co-conduttrici “siano ripetutamente e marcatamente chiamate co-co, quasi a voler ribadire la loro subalternità al grande capo Amadeus.

E’ un Sanremo femminista anzitutto per le protagoniste in gara che – c’è poco da dire – in questa edizione hanno abbastanza adombrato i colleghi uomini.

Prima tra tutte #LoredanaBertè, tornata con un testo autobiografico e autoriferito – “Pazza” -: omaggio alla libertà e alla trasgressione che l’ha caratterizzata per tutta la vita, tanto che qualcuno ha definito la canzone il “ruggito d’orgoglio” della Bertè.

C’è  poi l’altra signora della canzone, #FiorellaMannoia, con un brano – “Mariposa” - che è un inno alle  donne e contro la violenza di genere, nel quale cita anche Una nessuna centomila, la fondazione di cui è presidente.

Le più giovani, poi, per me sono state una sorpresa. #Annalisa con “Sinceramente” o #AngelinaMango con “La noia”: canzoni che parlano dell’età di chi le interpreta e che non sono solo cantate ma anche scritte da donne, cosa che quando io avevo la loro età non succedeva.

A coronare il tutto, la vera star di questa edizione, #TeresaMannino.

Lei e le sue formiche tagliafoglie, simbolo del potere delle donne che – attenzione - non è mai un “potere SU (qualcuno o qualcosa)” ma è un “potere DI (fare qualcosa)”.

Devo dare ragione alla mia amica – guardacaso anche lei donna – che di Mannino ha detto: “è il “punto luce” del Festival!”

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Giornalista, autrice e conduttrice tv. Da anni realizza reportage di approfondimento su ambiente, sostenibilità e temi sociali. L'argomento che più la appassiona è la parità di genere. E' mamma di due bambini.


Ultimo aggiornamento: Sabato 10 Febbraio 2024, 11:13
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