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Si parte, prima di tutto, dall’app “Unità di Crisi”. Un’applicazione fondamentale per chi vuole rientrare: la si deve compilare inserendo il paese e la città in cui si vive. L’unità di crisi incrocia i vari dati. Cercando di far confluire, nell’aeroporto più vicino ad una determinata regione, più connazionali possibili. L’obiettivo è imbarcare un numero cospicuo di passeggeri con un unico limite: garantire a bordo la sicurezza sanitaria stabilita dal governo italiano. I voli operativi sono di compagnie aeree private. Perciò le stesse non possono permettersi di volare rimettendoci di tasca propria. Sono infatti gli italiani che rientrano a doversi comprare il biglietto. In sostanza gli aerei decollano vuoti dall’Itala e ritornano con buona parte dei sedili occupati.
Il lavoro dell’unità di crisi, guidata da Stefano Verrecchia, è quello di coordinare il tutto.
Una cabina di regia insomma. Un’attività che sta dando i suoi frutti, visto il flusso costante dei rimpatri. I voli sono partiti dai posti più disparati del mondo, dall’Argentina alle Maldive, dalla Spagna al Giappone. Il maggior numero di aerei decolla però da Londra. Si contano 5 velivoli al giorno che atterrano a Roma e Milano. In molti sono i turisti bloccati. Ma tanti altri, soprattutto dalla capitale della Gran Bretagna, sono quelli che hanno perso il posto di lavoro. E più che dal virus scappano dalla disoccupazione.
Ultimo aggiornamento: Giovedì 2 Aprile 2020, 12:10
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