I nuovi pizzini dei boss

I nuovi pizzini dei boss

di Maddalena Messeri
L’assassinio di Salvo Lima, Falcone e Borsellino, la strage dei Georgofili, l’attentato scampato a Roma nel 1994, era così che comunicava la mafia, grandi silenzi e poi tonnellate di tritolo e morti. Trent’anni dopo, complice l’avvento della rivoluzione tecnologica, i metodi sono completamente cambiati. Secondo la ricerca “Le mafie nell’era digitale”, realizzato dalla Fondazione Magna Grecia e presentato dal procuratore della Repubblica Nicola Gratteri, i malavitosi hanno abbandonato l’approccio low-profile fatto di pizzini, covi segreti e smitragliate, buttandosi invece sui social, piazze digitali dove ostentare il proprio stile di vita. Il magistrato ci tiene a specificare: “Le nuove generazioni mafiose esternano il proprio potere, la ricchezza, il modello vincente attraverso i social al fine di assoldare gli stolti”. Questa vanità può diventare anche un boomerang, ma il tema si fa più spinoso quando la tecnologia rappresenta un limite per chi segue le indagini, perché con i nuovi smartphone e con le app di messaggistica criptate, è sempre più difficile fare le intercettazioni. “Noi ad ora non siamo riusciti a bucare nessuno dei loro sistemi comunicativi. Bisogna finirla di arruolare solo il maresciallo o il poliziotto o il carabiniere nei servizi segreti. Dobbiamo assumere ingegneri informatici e hacker, altrimenti non riusciremo mai a essere competitivi con le altre migliori polizie del mondo” avverte Gratteri. 

 
Ultimo aggiornamento: Lunedì 15 Maggio 2023, 07:15
© RIPRODUZIONE RISERVATA