Maradona vince contro il Fisco italiano: condono da 40 milioni di euro

Maradona vince contro il Fisco italiano: condono da 40 milioni di euro

L'ultimo dribblig a poco più di tre mesi dalla sua morte Diego Armando Maradona lo ha fatto in Cassazione. Dopo una vita da campione assoluto e amatissimo, piena anche di sregolatezza nella vita privata, ha lasciato a contendersi la sua eredità cinque eredi legittimi, tre femmine e due maschi, e una inchiesta in corso per le carenze di cura da parte di chi doveva occuparsi di lui durante la convalescenza dopo un intervento alla testa. La Suprema Corte, infatti, con un verdetto discusso a porte chiuse lo scorso 20 ottobre, ha stabilito che il campione - morto il 25 novembre 2020 nella sua Argentina - ha diritto al condono concesso al Napoli Calcio e definito nel 2013.

 

Con questa decisione degli 'ermellini' si potrà chiudere la gran parte del contenzioso fiscale di Maradona, valore stimato di circa 40mln di euro, e adesso la Commissione regionale della Campania dovrà valutare, se ci sono pendenze non condonabili.

Tutto nasce dalle risultanze del fisco. Il Napoli - dal 1985 al 1990 - gli 'anni d'orò del presidente Corrado Ferlaino con Maradona che porta la squadra due volte allo scudetto e in Europa alla Coppa Uefa - aveva pagato per diversi anni compensi al nero al 'Pibe', e ai brasiliani Careca e Alemao, per svariati miliardi di lire, e l'evasione fiscale era stata contestata con avvisi di accertamento.

Secondo l'Agenzia delle Entrate, il Napoli aveva pagato 'in nerò «parte dei compensi dei tre giocatori, utilizzando fittiziamente alcune società estere, che si occupavano della gestione dei diritti pubblicitari degli atleti; poichè la società di calcio aveva acquistato una cospicua percentuale di tali diritti, ma nel corso degli anni non aveva mai ricevuto alcuna somma dalle società che si occupavano di diritti pubblicitari, l'Agenzia aveva ritenuto che l'acquisto dei diritti, in realtà, celasse, dei pagamenti in nero».

Tutti contestarono le cartelle, eccetto Maradona al quale rocambolescamente il fisco riuscì a recapitare tre avvisi nel 1993 tramite il Consolato di Siviglia, nel 1998 presso l'aeroporto di Milano Malpensa e l'ultimo nel 2001. Dopo alterne vicende, alla fine, nel 2004 il Napoli fallisce e la curatela della società - nonostante i giudici tributari nel 1994 avessero fatto marcia indietro ritenendo non provato l'accordo trilaterale tra calciatori, società straniere e il Napoli - decide di chiudere tutta la partita e aderire al condono fiscale pagando il 10% del dovuto. Anche Maradona chiede di aderire al condono del Napoli, ma nel 2014 la sua richiesta è respinta data la lunga 'latitanzà davanti al fisco. Si estinguono invece le pendenze di Alemao e Careca che, 'pentiti', avevano presentato dichiarazioni dei redditi integrative.

Adesso invece gli 'ermellinì hanno stabilito che «la definizione agevolata cui ha aderito la società Calcio Napoli può allora estendersi al calciatore Maradona» per effetto della «solidarietà passiva».

«Se si negasse al Maradona» questa possibilità, dice la Cassazione, «vi sarebbe una palese assenza di tutela 'effettivà del contribuente» e si potrebbe parlare di «vera e propria 'denegata giustizià». Ora il fascicolo torna alla Commissione regionale della Campania che dovrà verificare, «una volta esteso il condono» anche a Maradona, «la sua posizione tributaria per il debito residuo nei confronti dell'Agenzia delle Entrate». Sono quasi 40 anni che Maradona dribbla tasse e cartelle. 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 11 Marzo 2021, 22:28

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