Steve Hackett: «Foxtrot? Un viaggio spirituale. E con l'Italia fu subito feeling». L'ex Genesis in concerto

L'ex-chitarrista dei Genesis in Italia per sei concerti

Steve Hackett: «Foxtrot? Un viaggio spirituale. E con l'Italia fu subito feeling». L'ex Genesis in concerto

di Claudio Fabretti

«Foxtrot è il disco in cui il classico suono dei Genesis degli anni 70 ha preso forma in modo entusiasmante. Tutti noi stavamo sviluppando molte idee musicali, inclusa la sfaccettata Supper’s Ready, che ha portato la nostra musica a un livello nuovo con il senso di un epico viaggio spirituale». Per rivivere quel magico trip, Steve Hackett, che dei Genesis è stato il chitarrista, ripropone dal vivo l’intero capolavoro del 1972 più alcuni suoi successi da solista in Genesis Revisited - Foxtrot at Fifty + Hackett Highlights, il suo ultimo tour che approderà a breve in Italia per 6 date (6 luglio a Brescia, 7 Pistoia, 8 Roma-Ostia Antica, 10 Caserta, 12 Ferrara, 13 Palmanova, Udine).


Che show sarà?
«Eseguiremo molti dei miei brani solisti preferiti dai fan, dai primi album Voyage Of The Acolyte e Spectral Mornings, insieme a una potente versione-band di Camino Royale e all’oscura e suggestiva The Devil’s Cathedral. E poi suoneremo l’intero Foxtrot, un album davvero potente e iconico, così come altri pezzi dei Genesis per il bis».
“Foxtrot” è stato anche il vostro primo grande successo in Italia, dove i Genesis divennero molto popolari.
«Gli italiani hanno subito amato Foxtrot, ne hanno percepito lo spirito potente, forse in parte per via dei legami con la loro cultura, con le storie epiche del passato, con la forte tradizione musicale operistica. Abbiamo sempre avuto un rapporto stretto con l’Italia, che continuo ad amare per la sua storia, la cultura, il cibo, la bellezza e il meraviglioso calore della gente».
È vero che una canzone dell’album, “Watcher Of The Skies”, è nata in Italia?
«Sì, l’abbiamo composta proprio in Italia. Abbiamo visto le reazioni del pubblico italiano fin dalla prima potente nota del Mellotron: è stata una esplosione collettiva».
A proposito, che rapporto ha con il prog italiano?
«Mi è sempre piaciuta la Pfm. In generale, penso che gli italiani si relazionino in modo naturale con il prog attraverso la loro tradizione musicale: ci intendiamo facilmente».
È rimasto in contatto con altri membri dei Genesis? Avete progetti in futuro?
«Al momento non ci sono piani per fare qualcosa insieme, ma, sì, manteniamo un contatto».
Il suo ultimo album, “Surrender of Silence”, è stato registrato durante il lockdown. È stato condizionato dalla pandemia?
«Sono orgoglioso del disco. Ho avuto un sacco di tempo per registrarlo, visto che ero a casa e non in tour. Per fortuna è stato possibile collaborare con tante persone, perché di questi tempi possiamo condividere file senza dover suonare faccia a faccia. Sicuramente alcuni brani esprimono le mie preoccupazioni sociali e ambientali».
Ha anche pubblicato l’autobiografia “A Genesis In My Bed”…
«È un libro che racconta i Genesis ma anche molto di più, fornendo una panoramica delle mie esperienze di vita e del mio sviluppo musicale. Volevo esprimere i miei sentimenti su tutta una serie di cose e condividere molte osservazioni e avventure. Per me la vita è un viaggio di scoperta».
Dai Marillion ai Porcupine Tree, il prog resiste ancora. Qual è il suo segreto?
«Il rock progressivo ha sempre qualcosa di diverso da offrire rispetto a ogni altro genere musicale.

Esplora nuove aree della musica e nuovi suoni, accompagnando gli ascoltatori in viaggi atmosferici. È un mondo a sé».


Ultimo aggiornamento: Venerdì 7 Luglio 2023, 17:02
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