La Crus: «Di nuovo insieme per fare canzoni "polietiche"»

Esce venerdì 22 marzo 2024 il loro primo album dal 2008. Mauro Ermanno Giovanardi, Cesare Malfatti e Alex Cremonesi raccontano il ritorno dopo tutto questo tempo

La Crus: «Di nuovo insieme per fare canzoni "polietiche"»

di Rita Vecchio

I La Crus sono di quei ritorni musicali di cui si percepiva l'assenza. Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti, con Alex Cremonesi, pubblicano “Proteggimi da ciò che voglio”, disco in trio dopo quasi 20 anni e «dopo un lungo percorso di riflessioni e sani conflitti». Ripartono dal passato per arrivare a dieci «canzoni polietiche (politiche, poetiche e soprattutto etiche)» ancorate nel presente. 

La Crus, vi siete rimessi insieme? 

«E' molto difficile rispondere (ridono, ndr). Per ora siamo qui. In previsione c'erano solo una, due, tracce, e invece, ne abbiamo scritte almeno altre dieci oltre a quelle del disco che esce venerdì. Nei prossimi mesi ci aspetta il tour (Santeria di Milano il 10 maggio, ndr),  poi vedremo. Non è un buon momento per l'homo sapiens, per progettare piani futuri».

Qual è stato il primo brano?

«“Shitstorm”, che è diventato il nostro manifesto. E' un brano importante perché ci ha fatto gasare. Non è radiofonico, ma è il pezzo più "lacrus" dell'album e rappresenta il lato più oscuro». 

LA CRUS - Proteggimi da ciò che voglio (cover album)

Quando?

«Abbiamo iniziato nel 2020, poco prima della pandemia». 

Come si decide di tornare?

«Con consapevolezza e maturità. Oltre che con l’età (ridono, ndr). L’album è sintesi di varie sfaccettature, frutto di compromesso e dell'insieme di tre anime che hanno seguito percorsi diversi, da una parte eterogenei, ma dall’altra hanno obiettivi comuni». 

Perché polietiche?

«Perché nel nostro DNA c'è politica, etica e poetica. La sfida era non pubblicare dopo tutti questi anni un disco barricadero militante. Volevamo un mix tra il tipo di messaggio e sul come trasmetterlo. Volevamo tematiche meno intimiste e amorose, e più sociali. Far convivere questi due mondi, era l’obiettivo del nostro tentativo». 

Ci siete riusciti? 

«Pensiamo di sì. “Mangia Dormi Lavora ripeti”, singolo che esce sempre venerdì, arriva in faccia. Musica, melodia e testo sono un piccolo miracolo, uno dei pezzi più rappresentativi della discografia dei La Crus. E' l'ultimo pezzo socialista possibile: riesce a parlare di politica senza usare la parola politica e rischiare di essere retorico. Era il brano che avevamo mandato ad Amadeus. Se ci fossimo andati, sarebbe stata una bomba e avremmo fatto un figurone». 

Cosa non ha funzionato?

«Rispetto al nostro Festival del 2011 (in gara con "Io confesso", ndr), è cambiato tutto. Oggi si demanda la direzione artistica al mercato. Non è più il festival della canzone italiana, ma dei follower e degli streammatori. E’ il festival dello share. ll direttore artistico dovrebbe scegliere le canzoni belle e, a volte, non è così. Se pensa che anche i Subsonica hanno avuto un due di picche, si capisce tutto».

LA CRUS (in foto, Mauro Ermanno Giovanardi e Cesare Malfatti)

Cos'è la “Rivoluzione”?

«Cosa non è la rivoluzione.

Siamo di fronte a una libertà illusoria, che non rende possibile alcuna resistenza. L'individualismo blocca lo spirito collettivo. Vale anche nella musica. E' il motivo per cui tanti artisti giovani vanno in depressione e si fermano perché non reggono. La rivoluzione non si può fare contro sè stessi. Nei nostri brani c’è il tempo, il lavoro, l’angoscia: sono temi che riflettono lo specchio della nostra società». 


E' una società che ha fallito? 

«E’ l’adesione al neo liberismo che ha fallito. Non si riesce a uscire dalla modalità del mercato». 

Cosa vi fa arrabbiare?

«A parte i 14 punti dall’Inter? Frivolezza a parte, la barbarie in tutti i campi. Avere abbassato il livello culturale, etico e politico, di educazione. Avere portato in Parlamento i discorsi più beceri, senza riflessioni serie. In questo momento storico, è la cosa che mi fa più incazzare (Mauro Ermanno Giovanardi, ndr)».  

Nei feat, ci sono il filosofo sloveno Slavoj Žižek, Vasco Brondi, Carmen Consoli, Colapesce Dimartino. 

«Per noi le collaborazioni sono una possibilità di mettere ulteriori colori a quello che già siamo noi tre. Non sono mai calcolate a tavolino per allargare la fanbase. Le collaborazioni ci danno la possibilità di divertirci. Come è stato pure interessante il lavoro insieme a Matteo Cantaluppi che ha prodotto l'album». 

Vi sentite "discronici"?

«Ci sentiamo a tempo con noi stessi, con la realtà in cui viviamo dipende. Abbiamo certe volte la sensazione che gli altri siano più a tempo di noi. Questo disco non è alla moda, ma ha elementi di contemporaneità interessanti. C'è un bell’equilibrio tra quello che siamo stati e l’oggi. Era la cosa più rischiosa da fare dopo tanti anni che non pubblicavamo un disco. Sarebbe stata una sconfitta se fosse stato così». 

E invece?

«Ha dentro tutta la nostra anima contemporanea, con lo sguardo sul presente. Siamo molto contenti. Siamo carichi». 


Ultimo aggiornamento: Giovedì 21 Marzo 2024, 08:55
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