Amedeo Minghi: «Alla melodia non saprei rinunciare, ma mi diverte il rock dei Maneskin»

Il cantautore live a Ostia Antica

Amedeo Minghi: «Alla melodia non saprei rinunciare, ma mi diverte il rock dei Maneskin»

di Totò Rizzo

«Chiamiamolo un abbraccio». Un abbraccio sotto forma di concerto da Amedeo Minghi a Roma, la sua città, dove non cantava da quattro anni. L’appuntamento è per venerdì al teatro romano di Ostia Antica, prima tappa del tour estivo. Fior da fiore, l’antologia è ricchissima: “1950”, “La vita mia”, “L’immenso”, “Vattene amore”, “Cantare è d’amore”.


Minghi, romano de’ Roma.
«Nato al Trionfale, quasi 76 anni fa, sotto casa l’unica auto era la “500” del fornaio, era vietato parcheggiare “in prossimità delle curve”. Oggi parcheggiano sui marciapiedi. E poi l’immondizia, certi negozi dove non è mai entrato un vetrinista, le fontane prese d’assalto dal turismo di massa. Una trasandatezza che fa male al cuore».


Parliamo di musica. “Melodista” si definisce. Come vive nel mondo rap e trap?
«Sto scrivendo nuove cose per il 2024, mi sto imponendo d’essere più immediato, più ritmico. Senza lasciarmi prendere dalla frenesia di questi tempi e fermo restando che la melodia è irrinunciabile, è la chiave della memoria, del ricordo».


Eppure, lei ha giocato con nuova metrica, con innesti musicali inediti.
«È vero, mi sono sempre spinto un po’ più in là. Il brano apparentemente facile ma che facile non è, la bella melodia orecchiabile ma con qualche inserto spiazzante, il testo scorrevole ma più profondo di quel che sembra. Non mi sono mai accontentato di mettere insieme due accordi. La grande canzone è questa. Prenda “Senza fine” di Gino Paoli, sembra semplice ma non lo è: vai un po’ a scriverlo, quel valzerino».


Morandi, Oxa, Califano, Pavone, Martini, Ricchi e Poveri, Bocelli e tanti altri “clienti”.
«Se un amico ti chiede “Amedeo, hai qualcosa per me?” rispondi “fammi provare un po’…”».


Mai pentito? Mai detto “avrei potuto cantarla io”?
«Mai.

Solo due o tre volte ma per colpa degli arrangiatori che hanno stravolto la natura della canzone, mai per colpa degli interpreti».


“1950” è diventata un affresco generazionale, il mondo di ieri che si leccava le ferite e la fiducia nel domani. Oggi?
«Oggi è un’isteria collettiva, una corsa a mille all’ora verso non si sa cosa. Esempio: l’intelligenza artificiale. Al tg ho visto il robot maschio e il robot femmina che aveva anche un gran seno, una “quarta” direi. Ma un robot è un robot, deve per forza avere un sesso? Nel quotidiano stiamo abbattendo certe barriere e la tecnologia ce le ripropone? Stiamo perdendo il senso della vita».


A proposito, lei non ha mai nascosto la sua radice cattolica.
«No, mai. Ma ci sono anche qui cose che ormai fatico a capire. I libri della Bibbia vanno spiegati, non possono ridursi a una app per lo smartphone. E poi la fede: molti indicano la strada ma non danno l’esempio».


Le cose che oggi le stanno più a cuore?
«Le figlie, i nipoti. A cui stiamo lasciando ancora guerre».


Lei ha un pubblico fortemente fidelizzato.
«Un pubblico che ascolta, che canta anche con me ma senza fanatismi. Persone tranquille, sensibili, accorte».


Chi le piace tra giovani?
«I Måneskin: belli da sentire e da vedere. Bravi, grintosi, divertenti. Fanno una musica che noi conoscevamo già ma le nuove generazioni no».


Ultimo aggiornamento: Sabato 29 Luglio 2023, 14:29
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