Una donna (Raffaella Pelloni) dentro l’icona (Raffaella Carrà), una bambina abbandonata dal padre e per sempre alla ricerca di una figura sostitutiva, ma anche la self made woman che rinunciò alla maternità per un lavoro che amava e che aveva inseguito con determinazione, dopo le delusioni nella danza e nel cinema.
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Raffa, il docufilm sulla Carrà
La bimba e la ragazza della provincia romagnola, cresciuta a Bellaria-Igea Marina, ma anche la superstar capace di ipnotizzare il pubblico di tutto il mondo portando sé stessa (soprattutto quel corpo, che usava con gioioso erotismo) a sfidare costumi, bigottismi e perfino regimi (come quello di Franco in Spagna e di Pinochet in Cile). Perfino una forma contemporanea della “azdora” romagnola, la donna che comanda dalle retrovie e sa come usare gli uomini. In questo caso compagni di vita e di lavoro come Gianni Boncompagni, Sergio Japino e il ballerino Enzo Paolo Turchi.
C’è davvero tutto di Raffaella Carrà (quasi tutto a dire il vero: stranamente manca la conduzione del Festival di Sanremo, per lei che fu la prima donna a riuscirci) in “Raffa” di Daniele Luchetti, il documentario di ben 185 minuti prodotto da Fremantle, distribuito da Nexo e in futuro in arrivo su Disney+, atteso in 150 sale cinematografiche italiane da oggi al 12 luglio (a 80 anni dalla nascita e a due anni dalla morte).
Un racconto, quello realizzato dal regista di titoli come “Il portaborse”, “La scuola” e Mio fratello è figlio unico”, che sa affascinare uno spettatore anche non appassionato delle gesta della più celebre showgirl della storia della tv italiana e che scorre attraverso le testimonianze di personaggi (come il nipote Matteo o la figlia di Boncompagni, Barbara) che l’hanno guardata da vicino ma da dietro le quinte.
«Il mio approccio con Raffa è sempre stato complicato – ha spiegato lo stesso regista – Come donna mi turbava moltissimo: pensavo che non mi piacesse, negli anni l’abbiamo anche snobbata come simbolo della tv trash.
Ultimo aggiornamento: Mercoledì 5 Luglio 2023, 09:14
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