Francesco Pannofino: «La mia Partita contro il marcio. Quando giocavo io? Finiva in rissa»

Francesco Pannofino: «La mia Partita contro il marcio. Quando giocavo io? Finiva in rissa»

di Michela Greco
«Stiamo lanciando un film piccolo, ce voleva pure il coronavirus ... navighiamo a vista». In poche battute con calata capitolina, Francesco Pannofino (ligure ma romano d’adozione) sintetizza la situazione incerta di queste settimane per il mondo del cinema e non solo. 

L’opera prima di Francesco Carnesecchi La partita, di cui è uno dei protagonisti, è nelle sale da giovedì scorso, in controtendenza con i numerosi rinvii delle uscite di film ben più imponenti. Pannofino, insomma, “se la gioca” al cinema aderendo alla passione e agli strepiti di Claudio Bulla, allenatore della squadra giovanile che, in un campo del Quarticciolo, è impegnata nell’ultimo match – decisivo – del campionato. Nel frattempo, l’attore e doppiatore continua l’applauditissima tournée teatrale di Mine vaganti di Ferzan Ozpetek, dove ha il ruolo che, nel film, era di Ennio Fantastichini.

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Il film è uscito, lo spettacolo gira l’Italia: il coronavirus non vi sta fermando. Come vive questa situazione?
«Per lavoro, a teatro, vedo ogni sera centinaia di persone, di cui decine mi aspettano a fine spettacolo per abbracciarmi e baciarmi, quindi direi che sono a rischio, ma non sono spaventato, non bisogna esagerare con la psicosi. Non fermerei tutte le attività umane. Io, a teatro, ci vado».

La partita è ambientato in un campo di calcio giovanile di periferia. Lei ha esperienza di quell’ambiente?
«Quando avevo tra i 15 e i 20 anni ho giocato in quei campetti di calcio e ricordo bene che a volte finiva in rissa. Nel film però, attraverso la partita, si raccontano soprattutto la condizione umana, una certo tipo di disperazione e la ricerca spasmodica dei soldi, del profitto. Il mio personaggio è l’unico che vive il calcio con passione e che si indigna per i giochi sporchi degli altri. A vari livelli, nel calcio, ci sono stati episodi di scommesse illegali, ma soprattutto il calcio giovanile dovrebbe essere una scuola di vita, dovrebbe insegnare la lealtà».

Il suo personaggio è l’unico che mantiene la schiena dritta, mentre gli altri cedono alle scorrettezze. Si è identificato con lui?
«Sì, dà un messaggio di speranza, altrimenti sarebbe tutta merda. C’è una maggioranza silenziosa che non si schiera, poi c’è chi combatte: io mi sento più vicino a chi combatte».

È uno sportivo?
«Sì, seguo lo sci e il ciclismo e sono tifoso della Lazio, che tra l’altro in questo periodo è in palla. Mi sono un po’ stufato, però, di certi comportamenti sugli spalti, del degrado culturale e umano, dei cori razzisti».

A teatro sta avendo grande successo con il ruolo che al cinema era di Fantastichini.
«A Ennio ci penso tutte le sere quando vado in scena, avevamo lavorato insieme, mi stava molto simpatico. Ferzan Ozpetek è un genio, ha una visione estetica stupenda e il risultato si vede: il teatro è sempre pieno e vedo uscire persone con le facce contente».
Ultimo aggiornamento: Martedì 3 Marzo 2020, 08:29