Con questo ritmo di aumento dei pazienti più gravi tra un mese i posti di terapia intensiva, al Sud, non basteranno. Prendiamo il caso della Campania: tra settembre e ottobre ha sestuplicato i posti occupati causa Covid, oggi sono 63, a metà novembre, se non si inverte la tendenza, saranno quasi 400. Il sistema andrà al collasso.
Come siamo arrivati a questa situazione? Era il 9 agosto, spiagge e discoteche si riempivano, il Paese si era illuso che il coronavirus non esistesse in più: negli ospedali di tutta Italia c’erano solo 45 pazienti ricoverati in terapia intensiva per Covid.
Un mese dopo, arriviamo al 9 settembre, inizia il risveglio, dalle ferie torna un esercito di nuovi positivi con la seconda illusione secondo cui “sono tutti asintomatici”: i pazienti dei reparti di terapia intensiva sono triplicati, fino a quota 150. Passa un altro mese, gli esempi di Spagna e Francia ci fanno capire che sarà un lungo inverno. E l’incremento dei pazienti gravi, nelle terapie intensive, prosegue: ieri siamo arrivati a 387. Con questo poco confortante ritmo di crescita a dicembre saremo ampiamente sopra quota 1.000. Con un problema in più: l’incremento sta investendo soprattutto il sud, in particolare la Campania, a cui ieri il commissario Domenico Arcuri, ha inviato 150 nuovi ventilatori, mentre il governatore Vincenzo De Luca è pronto a raggiungere un’offerta totale di posti in terapia intensiva pari a 500. Annotazione: la Campania aveva solo 2 pazienti in rianimazione per Covid il 9 agosto, oggi ne ha 63; simile la situazione della Sardegna, che è passata in due mesi da 0 a 23, e della Sicilia, da 5 a 35. Anche il Lazio ha visto una crescita significativa, da 8 a 57 in due mesi. Per ora si salva il Nord: la Lombardia da 9 a 44, l’Emilia-Romagna da 4 a 14, il Veneto da 6 a 21.
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SCENARI
Ci stiamo avviando alla catastrofe che investì il nord a marzo e aprile? No, i numeri non sono paragonabili.
Sintesi: non sta andando come a marzo e aprile, ma non significa che va tutto bene. L’obiettivo è abbassare la curva dei contagi per evitare che l’incremento dei casi porti a un conseguente aumento anche della parte minoritaria dei più gravi, intasando i reparti di terapia intensiva. Si dirà: ma rispetto a marzo ci saremo preparati, avremo aumentato i posti? Sì e no. In epoca pre Covid in Italia c’erano 5.179 posti di terapia intensiva. Quando esplose l’epidemia furono portati, anche in forma provvisoria, a oltre 11mila. Tornata la calma il Ministero della Salute decise di attivarne 3.553 in forma stabile, per arrivare a 8.732. Il problema è che non sono ancora pronti, non tutte le regioni hanno già applicato il piano: dei nuovi posti previsti solo il 40 per cento è realmente disponibile. Ultimo elemento: è vero che anche in Campania, con 63 pazienti di terapia intensiva c’è margine rispetto ai 500 posti a disposizione, ma in quei reparti finiscono anche pazienti molto gravi con altre patologie. E si affaccia la necessità di un sistema di sussidiarietà, con le Regioni che hanno più posti liberi che aiutano quelle in difficoltà.
Ultimo aggiornamento: Sabato 10 Ottobre 2020, 17:33
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